Insicurezza alimentare nel mondo: che prospettive?

Fame nel mondo, insicurezza alimentare, spreco delle risorse naturali, eccessiva cementificazione a discapito dei terreni agricoli: di questo e altro si è parlato nella sessione mattutina del primo giorno di lavori del XI Forum Internazionale Greenaccord 

Una fotografia molto dettagliata della fame nel mondo e dell’insicurezza alimentare, ha dato il via ieri a Napoli alla prima giornata di incontri del XI Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura organizzata dall'Associazione Greenaccord. “La malnutrizione a livello globale è scesa dal 19% all’11% negli ultimi venti anni. Dal 23% al 14% solamente nei paesi in via di sviluppo. Nonostante ciò, sono 805 milione le persone che soffrono ancora la fame.” Ad affermarlo Ren Wang, vice direttore generale del Dipartimento FAO per Agricoltura e Protezione dei consumatori, nel corso della prima tavola rotonda. La malnutrizione – ha ricordato Wang – è anche un problema economico. “Abbiamo infatti calcolato che essa è causa del 5% dei danni prodotti all’economia planetaria”. Insicurezza alimentare causata anche da alcuni fattori molto importanti, primo fra tutti la crescita della popolazione mondiale: le Nazioni Unite hanno stimato che nel 2050 la terra sarà abitata da 9 miliardi di persone.
 Questo porterà la conseguente crescita della domanda di prodotti agricoli, stimata dalla Fao, del 60%. Con lo spreco delle risorse naturali (terra, acqua…) a cui si sta assistendo, sarà però molto difficile riuscire a sopperire a questo aumento di domanda di prodotti agricoli, afferma nel suo intervento il vice direttore. Senza dimenticare i cambiamenti climatici che stanno mettendo a repentaglio le risorse naturali. Altro fattore rilevante evidenziato nel corso della tavola rotonda è la crisi del 2008, che ha colpito anche il mondo agricolo portando ad un aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. Aumento dei prezzi risentito in modo particolare dai paesi più poveri che di questi prodotti vivono. “Oggi, nonostante il mondo produca abbastanza per nutrire tutti, la crescita dei prezzi ha portato molti verso l’insicurezza alimentare”.
Dobbiamo aumentare, ha affermato Wang, la qualità delle coltivazioni perché non possiamo più aumentare le aree coltivate. E questo si può fare solo con un dialogo a livello internazionale approfondito e diffuso”. Cinque le direttrici indicate dalla FAO in tal senso: “contrastare il deterioramento delle risorse agricole e idriche mondiali, intervenire sulle pratiche agricole insostenibili, diffondere una corretta gestione dell’acqua per irrigazione, affrontare l’abuso o l’uso scorretto di sostanze fertilizzanti a partire dal fosforo, tutelare la biodiversità in agricoltura a partire dagli insetti impollinatori”.
A conclusione del suo intervento il vice direttore ha fatto alcuni riferimenti al problema Ebola. “La diffusione attuale di Ebola – ha spiegato Wang – non ha precedenti da quando il virus è stato scoperto nel 1975. E i dati evidenziano che si sta diffondendo soprattutto nelle aree rurali dei Paesi africani: questo rappresenta quindi una preoccupazione per la sicurezza alimentare non solo di quel continente ma di tutto il globo. Servono quindi con estrema urgenza degli interventi sia sul fronte dell’assistenza internazionale sia per cercare di ridurre lo shock sui sistemi agricoli a partire dalle aree coinvolte”.
Di lotta contro la fame nel mondo e di possibili strategie da attuare ha parlato Adriana Opromolla, responsabile Advocacy Caritas Internationalis nel corso della seconda tavola rotonda della mattinata. “C’è l’assenza di una governance mondiale per quanto riguarda il sistema alimentare. E c’è una carenza di impegno politico dalla parte dei poveri. Inoltre, c’è poco monitoraggio sui fattori che concorrono alla fame e alla malnutrizione”. “Il problema - ha chiarito Opromolla - non è la produzione di cibo per tutti, ma fare in modo che tutti abbiano accesso al cibo per poter avere una vita dignitosa. Per questo, sarebbe necessario che soprattutto le donne abbiano accesso, ad esempio, alle terre, alle sementi, agli animali, alla formazione, alla protezione sociale e sanitaria”.
Del problema delle risorse limitate e della loro necessaria salvaguardia, ma anche dell’eccessiva cementificazione che sta avanzando a discapito delle terre ad uso agricolo, ha anche parlato Gary Gardner, direttore di ricerca del prestigioso Worldwatch Institute di Washington. “In due anni la sola California ha perso un’area grande come 15 San Francisco a causa della cementificazione. Eppure, è previsto che, da qui al 2050, la domanda globale di prodotti agricoli crescerà del 60%”. Una contraddizione questa che rischia di mettere a repentaglio la vita di intere popolazioni e di minare interi ecosistemi. Un pericolo doppio, quello della cementificazione, perché va ad aggiungersi a una crescente pressione sul sistema agricolo mondiale. Molti i fattori da considerare, secondo Gardner: “dobbiamo considerare che la domanda di prodotti agricoli sta aumentando a causa della crescita demografica, dei cambi di stile alimentare nei Paesi in via di sviluppo in cui si sta consumando sempre più carne e della diffusione dei biocarburanti”. Un problema, quest’ultimo, che rischia di sottrarre cibo a chi ne ha bisogno. “Già oggi il 40% delle granaglie prodotte negli USA sono prodotte per il settore dei biocombustibili. E la percentuale sale al 50% per le barbabietole da zucchero coltivate in Brasile e all’80% per il girasole prodotto in Europa”.

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