Cibo per Tutti, Becchetti: “ Dobbiamo diventare noi la grande finanza condizionando i mercati attraverso le nostre scelte”

Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, è intervenuto al seminario "Cibo per tutti? nutrire il pianeta è compito nostro!"

“Il vero problema della fame nel mondo non è la produzione di cibo ma la sua distribuzione. Come afferma l’economista Jeffrey Sachs, oggi il mondo non ha problemi nel produrre in aggregato beni. Il 25% di tutti i beni e servizi che sono stati prodotti dalla nascita di Cristo ad oggi, infatti, è stato realizzato dopo il 2000. Il vero problema è che non siamo capaci di distribuire tali beni. Gli 85 uomini più ricchi del mondo, hanno una ricchezza pari a quella di 3 miliardi di persone più povere.” Ad affermarlo Leonardo Becchetti nel suo intervento al seminario “Cibo per Tutti? Nutrire il pianeta è compito nostro!” organizzato dai promotori nazionali della campagna “Una sola famiglia umana cibo per tutti” e che si è svolto nel mercato di Campagna Amica al Circo Massimo il 22 aprile in occasione della Giornata Mondiale della Terra. Con l’obiettivo di fare il punto sulla Campagna stessa e i risultati ottenuti, il convegno ha voluto anche rilanciare l’impegno contro la fame per una società più giusta contro la cultura dello scarto e l’economia che esclude.
Dopo il suo intervento, il professor Becchetti si è trattenuto ai nostri microfoni

La grande finanza internazionale viene indicata come responsabile dello squilibrio tra i paesi ricchi e quelli poveri. ci può spiegare quali sono i meccanismi economici che affamano tanti popoli?
Il primo meccanismo è la massimizzazione non tanto del profitto ma del capital gain, del guadagno in borsa. Ciò vuol dire mettere al centro la ricchezza dell’azionista e subordinare a questa il benessere dei lavoratori, delle comunità locali e dei fornitori. Il problema, però, è diverso: la grande finanza dobbiamo diventare noi. Lo sviluppo della finanza etica ormai è molto importante: quasi il 30% dei fondi di investimento in Europa seleziona i titoli anche sulla base della qualità sociale e ambientale delle imprese.

Parlando appunto di finanza etica, finanza ed etica sono due termini apparentemente in contrapposizione: il primo evoca un’accezione negativa, appunto richiamando il mero scambio di capitali; il secondo, invece, un’accezione più positiva. Quindi, come possiamo definire la finanza etica?
La banca, la finanza, sono un punto fondamentale nell’economia perché permettono di far incontrare chi ha idee ma non ha soldi e chi ha soldi ma non idee. Possiamo definire la finanza etica come quel modello di finanza che utilizza le leve della banca, della borsa, degli investimenti per promuovere benessere sostenibile. E lo fa usando ad esempio il metodo del voto col portafoglio oppure attraverso intermediari bancari che mettono al centro il credito alle imprese e alle famiglie e che cercano di promuovere soprattutto investimenti che abbiano un impatto sociale e ambientale positivo, come la banca etica, il microcredito, le banche di credito cooperativo, le popolari. Bisogna assolutamente sostenere questo modello di finanza.

Lei nel suo intervento al convegno porta l’esempio della Campagna Oxfam Behind the brand. Ce la può spiegare?
È un esempio di come i cittadini, dal basso, possono influenzare il comportamento delle grandi multinazionali. Oxfam ha fatto una classifica delle dieci prime multinazionali alimentari del mondo e gli ha dato delle pagelle sui temi della sostenibilità ambientale e sociale di tutta la filiera produttiva. Infine ha invitato sul proprio sito i cittadini a inviare dei messaggi o a votare con il portafoglio con i propri consumi e risparmi, le migliori aziende o a mandare dei messaggi di disapprovazione nei confronti di quelle che hanno i voti più bassi. Ci sono stati 700mila messaggi nel giro di un anno e 9 aziende su dieci hanno modificato i loro protocolli di ingaggio nelle filiere. Questo è un esempio molto interessante di come dal basso si possono cambiare le cose. Lo slogan della Campagna afferma: “nessuna azienda è così grande da poter ignorare i propri consumatori”.

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