6 Dicembre 2016
Giuliano Giulianini
ALIMENTAZIONE
6 Dicembre 2016
Giuliano Giulianini

Coltivare legumi salverà il mondo?

Le eccezionali proprietà delle leguminose sono una delle ricette migliori per restituire fertilità ai suoli degradati e svoltare verso un'agricoltura sostenibile. Lo afferma la FAO in un rapporto pubblicato per la Giornata Mondiale del Suolo.

Fanno le veci dei fertilizzanti, resistono ai cambiamenti climatici, arricchiscono il suolo, migliorano le rese delle coltivazioni di cereali e, infine, quando vengono mangiati, forniscono proteine e nutrienti essenziali. Sono i legumi: fagioli, ceci, lenticchie e compagnia, protagonisti dell'ultimo rapporto presentato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) il 5 dicembre, in occasione della Giornata Mondiale del Suolo.

Il problema è serio: per circa un terzo, i terreni coltivati al mondo sono considerati "degradati", ovvero depauperati rispetto al grado di fertilità originario; è successo a causa di fenomeni come la salinizzazione, l'acidificazione, l'erosione, la desertificazione o, più banalmente, l'urbanizzazione dei suoli naturali. Se per produrre uno strato fertile la natura impiega mediamente 500 anni, per eliminarlo basta una ruspa, tanto che, avverte la FAO, "a livello mondiale si perdono terreni da 10 a 20 volte più velocemente di quanto non vengano ricostituiti". E' un dato preoccupante, visto che il 95% del cibo consumato dall'uomo proviene da questi pochi centimetri di strato superficiale coltivabile.

Molte discipline sono deputate a porre rimedio al pericoloso consumo di suolo: dall'urbanistica alla progettazione ambientale, dall'architettura alla politica naturalmente. Il documento della FAO "Suolo e legumi, simbiosi per la vita" chiama all'azione anche l'agricoltura, che può agire su un doppio binario: diminuire le colture che compromettono i suoli, e incentivare quelle che restituiscono nutrienti alla terra. Tra le proprietà dei legumi infatti, c'è la caratteristica di fissare l'azoto al terreno, un processo che avviene grazie a particolari batteri associati a queste coltivazioni. L'effetto è di "ripristinare la salute del terreno" e dunque la sua fertilità: è stato calcolato che un ettaro di terra coltivato a cereali dopo aver prodotto legumi, rende mediamente una tonnellata e mezzo in più; un risultato ottenibile altrimenti con 100 kg di fertilizzanti azotati sintetici.

Legumi fertilizzanti naturali, dunque, che permetterebbero secondo le stime di risparmiare ben 10 miliardi di dollari l'anno di concimi chimici. Ma sono anche piante che, grazie a radici relativamente profonde, resistono meglio alla siccità; limitano di molto l'erosione del suolo; fissano il carbonio nel terreno contribuendo così a combattere l'effetto serra; e soprattutto sono fonti di nutrienti migliori rispetto ai cereali. Come è noto, infatti, i legumi forniscono fino a tre volte più proteine rispetto a riso, grano, mais e altri cereali imperanti nelle monocolture dell'agricoltura industriale. Inoltre contengono minerali come ferro, magnesio, potassio e fosforo; forniscono vitamina B, carboidrati complessi e fibre; hanno basso indice glicemico, pochi grassi e zero colesterolo.

Tutto ciò ha permette alla FAO di definire i legumi "alleati strategici" per agricoltura e alimentazione sostenibili. L'agenzia dell'ONU li ha inseriti a pieno titolo nelle nuove "linee guida per una gestione sostenibile del suolo", un vademecum offerto ad operatori del settore e decisori politici che elenca tecniche e consigli per mantenere e ripristinare, dove compromessa, la ricchezza del suolo fertile. Si parla di come alternare le colture, o di come "consociarle" tra loro per sfruttarne le proprietà rigeneratrici combinate; o ancora di come alternare alle colture produttive a scopo alimentare, altre "di copertura", ovvero non destinate alla raccolta ma alla protezione e alla rivitalizzazione dei terreni, lasciati a riposo tra una raccolta e l'altra. Niente di nuovo: l'agricoltura tradizionale ha scoperto da secoli queste tecniche, ma lo sviluppo industriale ha preferito le monocolture intensive. E' tempo di porre rimedio ai danni fatti.

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