2 Febbraio 2016
Giuliano Giulianini
ALIMENTAZIONE
2 Febbraio 2016
Giuliano Giulianini

FAO: servono 787 milioni per aiuti all'agricoltura

Le Nazioni Unite lanciano l'annuale raccolta fondi per risollevare le economie dei paesi poveri prostrate da guerre e sconvolgimenti climatici. L'emergenza è in Siria, ma il caso dell'Ucraina allarga il fronte anche all'Europa.

In Sudan, a 15.620 rifugiati è stato insegnato come produrre e utilizzare stufe per cucinare in maniera efficiente; in Djibouti sono stati riattivati 29 pozzi che ora forniscono acqua a 11.600 agricoltori e pastori; 2 milioni di capi di bestiame hanno ricevuto le vaccinazioni nella Repubblica Centro Africana; nel Sahel sono stati seminati a cereali e legumi 113.000 ettari di terra, e sono state distribuite alla popolazione 23.470 capre. Sono questi alcuni dei numeri dei programmi di sostegno che la FAO ha portato a termine nel 2015 grazie alle donazioni dei paesi dell'Onu. Nel 2015 il contributo maggiore per gli aiuti umanitari è stato versato dagli Stati Uniti, con oltre 107,5 milioni di dollari; a seguire i fondi dell'ONU: 41,8 milioni gestiti dall'Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA); poi l'Unione Europea intera con 19,4 milioni; quindi il Regno Unito con 14,6 milioni; e così via fino all'Italia, al 14° posto tra i donatori (11° considerando i singoli stati al netto di fondi ed entità sovranazionali) con 2,4 milioni.

In questi giorni la FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, ha lanciato un appello per nuovi finanziamenti (qui il dettaglio del piano), mirati a contrastare le emergenze alimentari e agricole dei paesi poveri. Il capitale calcolato come necessario a fronteggiare le crisi è di 787 milioni di dollari, da utilizzare in 29 paesi per assistere direttamente 21 milioni di persone. Per la maggior parte si tratta di nazioni centro africane e della fascia subsahariana; a queste si aggiungono: Yemen, Giordania, Siria e Iraq in medio oriente; Afghanistan e Myanmar in Asia; l'Ucraina in Europa. Lo scopo della campagna è anche sensibilizzare i paesi donatori a sostenere le fonti di sussistenza locali nei paesi in via di sviluppo o in crisi politica e umanitaria, ed evitare così la malnutrizione, lo sradicamento delle popolazioni povere, le migrazioni di massa e il crollo definitivo delle economie locali.

Ad esempio nel Sahel, la regione del Sahara e degli stati a sud del deserto, che si estende dal Gambia e dal Senegal lungo le coste atlantiche fino a Nigeria e Cameroon, e nel cuore dell'Africa fina al Ciad, la FAO ha calcolato che 23,5 milioni di persone sono minacciate di "insicurezza alimentare", in forme che vanno dal disagio alla crisi. Spicca il dato del Burkina Faso, dove un bambino su tre soffre di malnutrizione. In queste regioni sarebbero necessari 117 milioni di dollari per assistere 4 milioni di persone: 52 milioni circa per far fronte alle emergenze climatiche, 65 per assistere i rifugiati del Mali e del Chad, e quelli minacciati dai terroristi Boko Haram in Nigeria. Gli aiuti prenderanno la forma di assistenza all'agricoltura e protezione dei mezzi di sostentamento dagli agenti atmosferici.
Nello Yemen invece sono a rischio quasi 15 milioni di persone. I 25 milioni di dollari del piano FAO per lo stato arabo saranno impiegati per diversificare e rafforzare le risorse agricole; migliorare la gestione delle risorse idriche; proteggere dalle malattie le piantagioni e gli allevamenti.

La crisi alimentare colpisce anche in Europa: in Ucraina, ed in particolare nell'est del paese, oltre un milione di persone soffre gli effetti del conflitto che oppone il governo centrale agli indipendentisti armati filo russi. Agricoltori e allevatori della regione hanno perso terre, macchinari e bestiame; i prezzi dei generi di prima necessità sono aumentati del 42% nel 2015; i pascoli sono diventati poco sicuri, sia per la persitente situazione di conflitto armato, sia per il pericolo di ordigni inesplosi. Gli aiuti della FAO consistono in 7,3 milioni di dollari da destinare immediatamente alla semina della prossima primavera, in una regione che produce orzo e grano, e in foraggi per gli animali (lo scorso anno 5000 famiglie sono state sostenute in questo modo) che indirettamente permettono agli allevatori quei surplus produttivi di carni e latticini da rivendere sui mercati locali.

Ma l'appello e l'impegno più accorati sono per la situazione siriana. Il conflitto in Siria si prolunga da quasi sei anni: produzione agricola e scorte di cibo sono al minimo. La farina di grano è triplicata di prezzo nel'ultimo anno e mezzo, il riso addirittura del 650%. I pastori hanno difficoltà a reperire foraggio e i servizi veterinari sono interrotti ; gli agricoltori che ancora possono lavorare lamentano scarsità di sementi e fertilizzanti; inoltre, la rete di mercati e catene di distribuzione del cibo è compromessa dalla guerra.
"Il conflitto ha decimato il settore agricolo - ha dichiarato il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva - Oltre la metà dei siriani rimasti nel paese soffrono d'insicurezza alimentare, con una persona su tre non in grado di procurarsi alimenti di base". Gli aiuti alimentari provenienti dall'estero non sono sufficienti a sfamare il paese. La strategia è sostenere la produzione interna, soluzione che tra l'altro conviene molto di più, dal punto di vista economico, rispetto al solo invio di derrate alimentari: ad esempio, comunica la FAO, con appena 100 dollari di aiuti alla produzione agricola locale, si ottiene una tonnellata di grano; l'equivalente in cibo confezionato costerebbe molto di più.
Lo scorso anno un milione e mezzo di siriani ha usufruito degli aiuti; 9 milioni di animali hanno ricevuto cure veterinarie e si stima che le sementi donate agli agricoltori produrranno entro la prossima estate 119.000 tonnellate di cereali, sufficienti a sfamare 500 mila persone per un anno. Nonostante ciò, gli aiuti internazionali hanno potuto rispondere all'emergenza solo per il 30% di quanto realmente necessario.

Il piano di intervento 2016 in Siria, per il quale l'appello conteggia 87 dei 787 milioni totali, prevede il sostegno diretto a 3 milioni di persone: oltre alle forniture per agricoltura e allevamento, sono previsti kit destinati ai nuclei familiari per impiantare orti e micro allevamenti, soprattutto di pollame, oltre a donazioni di denaro contante in alcuni casi. Altri 53 milioni di dollari sono destinati ai rifugiati siriani che sono espatriati verso la Giordania, il Libano, la Turchia e l'Iraq. Dall'inizio del conflitto 6,5 milioni di persone si sono spostati all'interno del paese per sfuggire ai combattimenti, altri 4 milioni hanno dovuto espatriare. Chi è rimasto si trova in difficoltà: secondo gli esperti della FAO per quasi 9 milioni di siriani il cibo non è una sicurezza quotidiana. Si ritorna al concetto di base: sostenere e rilanciare l'economia locale aumenta le possibilità di sussistenza e costituisce l'unica alternativa a quella che è sempre l'ultima possibilità di una popolazione provata dalla guerra: l'abbandono della terra e l'emigrazione all'estero.

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