5 Novembre 2012
Redazione
ALIMENTAZIONE
5 Novembre 2012
Redazione

Fukushima, metà pesce contaminato. “Troppo cesio per consumarlo”

Secondo la ricerca Fishing for Answers off Fukushima, dell’esperto di chimica marina, Ken Buesseler, pubblicato sulla rivista Science, a Fukushima Daiichi oltre il 40% del pesce è ancora contaminato. Lo studio, prendendo in considerazione i dati ufficiali del ministero giapponese dell’Agricoltura delle foreste e della pesca, sottolinea che la centrale nucleare rilascia ancora radioattività: il pesce, infatti, contiene eccessive quantità di cesio per essere destinato al consumo umano. Una delle cause è il continuo raffreddamento dei disastrati reattori: ogni giorno sono utilizzate tonnellate di acqua che poi finiscono in mare . Per Buesseler il fatto che oggi i pesci siano contaminati da cesio 134 e cesio 137 più di quanto non lo fossero un anno fa, dimostra come il veleno venga trasmesso lungo la catena alimentare. Il cesio ha un periodo di dimezzamento di 30 anni, questo significa che diminuisce la propria intensità radioattiva in un tempo molto lungo. Ecco perché gli effetti dell’incidente, secondo il biologo marino sono da “monitorare molto bene nei decenni a venire”. 
I responsabili dell’Agenzia Ittica giapponese hanno riconosciuto plausibile l’analisi di Buesseler spiegando che, nei giorni immediatamente successivi al disastro, la ricaduta radioattiva ha contaminato la superficie dell’oceano e i pesci che vivevano a basse profondità. La corrente ha poi provveduto al ricambio dell’acqua, rendendo “pulita” la zona, ma ora le sostanze radioattive stanno sedimentandosi sul fondale marino.
Secondo lo scienziato americano il problema è però più ampio: “In Giappone c’è una grande incertezza nel pubblico su ciò a cui si può credere, o su chi dice o meno la verità”. E quando si parla di radioattività, si sa, “ci sono di mezzo molto allarmismo e molta paura”. In questo caso sarebbe da evitare poiché “La maggior parte del pesce catturato al largo della costa nord orientale giapponese non presenta livelli di radioattività pericolosi per la salute umana”. Aggiunge poi che per affrontare le conseguenze del “più grande rilascio accidentale di radiazioni verso l’oceano della storia”, è necessario andare “ben oltre gli studi sulla fauna ittica”, conclude il ricercatore statunitense: “Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è una migliore comprensione delle sorgenti di cesio e altri radionuclidi, che continuano a provocare ciò che stiamo vedendo nell’oceano al largo di Fukushima”.

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