28 Ottobre 2015
Federica Licata
ALIMENTAZIONE
28 Ottobre 2015
Federica Licata

Greenpeace: pesticidi nelle mele UE

L’83% dei  campioni presi in analisi è contaminato da pesticidi 

C'era una vola la mela avvelenata.

Forse non faranno sprofondare in un sonno senza fine, ma le mele europee non sono proprio il massimo della vita, stando alla denuncia fatta da Greenpeace. Il 21 ottobre l’ONG ha pubblicato il rapporto “Pesticide application as routine in EU apple production - L’abuso di pesticidi nella produzione europea di mele”, contenente i risultati delle analisi effettuate su un campione di mele acquistate in 23 supermercati di 11 diversi Paesi europei, Italia compresa.

126 sono i campioni di mele acquistati tra cui 109 sono prodotte convenzionalmente mentre le rimanenti sono di origine biologica: le analisi, realizzate in un laboratorio indipendente, hanno riscontrato tracce di pesticidi nelle mele provenienti da coltivazioni non biologiche . 

91 degli esemplari presi in analisi, pari all'83% del campione, contenevano residui di almeno un pesticida mentre il 50%  è risultato contaminato da due o più sostanze chimiche: tra tutti i Paesi i meno virtuosi sono la Spagna, la Bulgaria, dove è stato rilevato un massimo di 8 tipi diversi di residui in un unico esemplare, e l’Olanda; tra i vari agenti chimici, inoltre, sono stati trovati due pesticidi non autorizzati dall’Unione europea: si tratta della difenilammina, scoperta in un campione spagnolo, e l’ethirimol, trovato in un campione polacco; l’unico dato tranquillizzante proviene dai test fatti sulle mele biologiche, in cui non è stata rinvenuta alcuna traccia di pesticidi.

Anche l’Italia non è stata risparmiata: le mele finite al microscopio sono state acquistate presso le catene di Auchan, Carrefour, Lidl e un campione biologico presso i punti vendita Naturasì: come  riscontrato prima, la maggior parte dei campioni contaminati presenta almeno un residuo chimico e nei campioni acquistati presso la Lidl sono stati ritrovati tre pesticidi diversi.

La responsabile della campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace, Federica Ferrario, dichiara: “Anche se tutti i residui individuati rientrano nei limiti stabiliti dalle normative la varietà di sostanze chimiche trovate, mostra che nelle coltivazioni convenzionali è pratica comune irrorare i meleti con applicazioni multiple di pesticidi. Tutto questo, insieme alla scarsa conoscenza dei possibili impatti dei ‘cocktail di pesticidi’ sull’ambiente e sulla salute, è fonte di grande preoccupazione”.

L’associazione Agrofarma replica secca: “le analisi cui fa riferimento Greenpeace non si riferiscono ai controlli di alcuna autorità designata come competente in materia”.

Va chiarito che Greenpeace non intende sostituirsi agli organi responsabili della regolamentazione dei pesticidi e delle sue “miscele” anzi ribadisce quanto sia fondamentale che l’approvazione di tali sostanze debba avvenire su una base strettamente cautelare.

Con il rapporto l’ONG, dunque, intende fare appello alle principali catene di supermercati chiedendo loro di non acquistare più prodotti che fanno uso di pesticidi pericolosi nella produzione ortofrutticola, incentivando gli agricoltori a preferire pratiche di coltivazione sostenibili.

Il rapporto dimostra non solo che le mele attualmente in commercio vengono bombardate da una grande varietà di pesticidi, sia in fase di pre-raccolta che di post-raccolta, ma anche che l’uso continuo di questi agenti chimici fa parte ormai delle abitudini della maggior parte dei coltivatori convenzionali europei. 

Dai campi al piatto, i pesticidi chimici sono una presenza troppo frequente nei nostri alimenti; è opportuno tuttavia precisare che nessuno dei residui presenti nei campioni abbia superato i livelli massimi (LMR), ammessi dalle normative europee, 

Ed è proprio su questo aspetto che si concentra Federchimica, la Federazione Nazionale delle Imprese Chimiche: “Le autorità competenti: ministero della Salute in Italia ed Efsa in Europa, negli ultimi report pubblicati di recente hanno, al contrario, ribadito gli alti standard di sicurezza alimentare perseguiti sul nostro territorio, che pongono l’Italia tra i leader globali rispetto al tema. Per il ministero, il superamento occasionale di un limite legale non comporta un pericolo per la salute”.

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