Il fico d'india, per la sua adattabilità in zone aride e secche, e la sua capacità di immagazzinare acqua, può costituire una delle colture più importanti del XXI secolo. Se ne espandono le piantagioni
Il cactus è stato per molto tempo considerata una specie invasiva e senza valore ma per una serie di fattori, le cose ormai sono cambiate. Durante una recente siccità in Madagascar, ad esempio, il cactus si è rivelato una fonte primaria di cibo e acqua per la popolazione che nel frattempo stava vivendo una carestia conseguente al tentativo di debellare la pianta. Proprio per la sua resistenza alla siccità, ai suoli degradati e alle temperature alte, il cactus, o più precisamente il fico d’India, merita considerazione come risorsa preziosa per l’alimentazione; a maggior ragione nelle zone aride del pianeta.
A differenza degli altri cactus non commestibili, infatti, la specie Opuntia, se sottoposta ad un giusto trattamento di coltivazione, ha molte proprietà da offrire. La sottospecie Opuntia Ficus-indica – a cui non appartengono spine, a meno che in periodi di stress della pianta – è naturalizzata in 26 paesi, ritenuta come un ultima ancora di salvataggio e colonna portante di agricolture sostenibili. Le opuntie hanno una lunga tradizione in Messico, regione da cui provengono: sono coltivate in piccole fattorie e raccolte in un ambiente naturale di oltre 3 milioni di ettari. Il Brasile ospita più di 500.000 ettari e la pianta è coltivata nelle fattorie del Nord Africa; nella regione del Tigray in Europa vi sono 360.000 ettari di piantagioni.
Oltre a fornire cibo, il cactus nelle sue pale immagazzina acqua, costituendo un pozzo che può garantire fino a 180 tonnellate di acqua per ettaro. E’ stato dimostrato come in tempi di siccità, il tasso di sopravvivenza del bestiame è stato molto più alto nelle fattorie con piantagioni di cactus.
Per diffondere la conoscenza del fico d’India, la FAO e l’ICARDA hanno pubblicato lo studio Crop Ecology, Cultivation and Uses of Cactus Pear: un libro con informazioni, caratteristiche, vulnerabilità ai parassiti della pianta. Vari capitoli del testo esplorano il potenziale della coltivazione: ad esempio, introducendo il cactus nella dieta del bestiame si riduce la metanogenesi, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra. Soprattutto, per la sua capacità di immagazzinare acqua, il cactus deve essere considerato “una delle colture più importanti per il XXI secolo” afferma Ali Nefzaoui, ricercatore di ICARDA. Questa particolarità è dovuta al particolare tipo di fotosistesi del fico d’indi, detto metabolismo dell’acido crassulaceano, che permette loro di prendere acqua durante la notte.