7 Febbraio 2013
Redazione
ALIMENTAZIONE
7 Febbraio 2013
Redazione

Mais italiano: due milioni di tonnellate inquinate dall’Aspergillus

Un fungo provocato dalla lunga siccità del 2012 ha attaccato un chicco su tre. Si discute e si avanzano proposte per evitare la contaminazione, ma non esistono pareri univoci

Oltre 20 milioni di quintali di mais –almeno un terzo della produzione del 2012 – contenuti nei silos tra il Veneto l’Emilia e la bassa Lombardia, sono contaminati dall’Aspergillus flavus. Già il nome non ispira qualcosa di buono, in effetti si tratta di un fungo che provoca una tossina (Aflatossina B1) in grado di “indurre fenomeni di necrosi cellulari e di cancerogenesi”. Una massa enorme di mais malato e pericoloso rischia dunque di mettere al tappeto gli agricoltori che non riescono a farsi pagare il prodotto rischiando di non avere i soldi per le prossime semine; e quella del mais è la prima coltura in Italia.

A causare la diffusione dell’Aspergillus la siccità che lo scorso anno ha colpito per più di 80 giorni le piante del  cereale, che crescono e maturano in 140 giorni.

Il mercato di cibi come la polenta l’olio e i corn flakes, è a rischio, naturalmente, ma soprattutto quello della carne e del latte di animali alimentati con il mais.

L’unica buona notizia è che tutte le autorità sanitarie e le associazioni di produttori assicurano controlli serrati e quindi assenza di pericolo per i consumatori. “Siamo stati noi coltivatori – spiega Marco Aurelio Pasti, presidente dell’Associazione italiana maiscoltori – assieme all’Aires, l’associazione degli essiccatori e stoccatori di cereali a trovare per primi questo inquinante e ad avvertire le autorità di controllo ed i ministeri della Salute e dell’Agricoltura.

La proposta principale dell’Ami, che aderisce a Confagricoltura, è quella di differenziare l’alimentazione degli animali chiedendo un intervento della Commissione europea. Secondo Pasti tutte le ricerche scientifiche assicurano che per gli animali di Aflatossina B1, ora a 20 ppb (parts per billion) può essere aumentato a 100 ppb, mentre per le vacche da latte destinate all’alimentazione umana è esclusa una simile possibilità. “Senza un innalzamento della soglia - sostiene il presidente Ami - non sapremmo come usare il mais pericoloso, che rischierebbe di restare nei silos anche il prossimo anno e magari inquinare partite sane”.

Gran parte del mondo agricolo accoglie molto favorevolmente la proposta di Ami, così come alcuni esperti del settore, ma non manca chi è contrario: “chiedere all’Europa di alzare i limiti – sostiene Stefano Masini, responsabile ambiente della Coldiretti – significa danneggiare la salute e anche l’economia. Pesante sarebbe il danno d’immagine per tutto il cibo made in Italy”. L‘idea alternativa è l’utilizzo del mais inquinato per il biogas o le biomasse in modo che i coltivatori possano essere rimborsati del danno, “ poiché la siccità, che ha prodotto questo dramma, è stata davvero un evento eccezionale”.

Che si possa essere tutti d’accordo su come risolvere la questione pare abbastanza utopistico o almeno poco probabile. Una certezza però c’è: l’urgenza della soluzione. (fonte: la Repubblica )

**
 
 

Earth Day Srl. Copyright © 2014 - All rights reserved.
Registrazione Tribunale di Roma N.247 del 11/11/2014