Le preoccupazioni degli scienziati al XII Forum Internazionale dell'informazione ambientale
“Il 2015 sarà di gran lunga l'anno più caldo mai registrato. Un dato quasi inquietante. Un salto notevole per i modelli dei cambiamenti climatici”. Lo ha spiegato Hans Joachim Schellnhuber, climatologo del CBE Potsdam Institute for Climate Impact Research e membro della Pontificia Accademia della Scienza, sottolineando che a tale esito contribuisce “direttamente l''evento del Niño”, fenomeno climatico periodico che si verifica nell'Oceano Pacifico centrale in media ogni cinque anni.
L'analista tedesco, intervenuto al XII Forum internazionale Greenaccord dell'Informazione ambientale, ha spiegato che “in una manciata di decenni, nell'era industriale, le concentrazioni di CO2 in atmosfera sono aumentate del 40%, da 280 a oltre 400 parti per milioni. Se le cose non verranno modificate, ci sarà un aumento della temperatura di oltre 5° entro fine secolo. E un tale aumento, ne sono più che convinto, porterà alla fine della nostra civiltà. Per di più, se dovessimo bruciare tutti i combustibili fossili disponibili nei giacimenti mondiali, il riscaldamento globale sarebbe di 8-10 °C”.
E’ un mix di forte preoccupazione e timida speranza quello che emerge dalle relazioni degli esperti intervenuti a Rieti nella prima sessione di lavori del XII Forum Internazionale Greenaccord dell'Informazione per la Salvaguardia della Natura.
Tra timori che il riscaldamento globale produca effetti irreversibili e consapevolezza che, con un'adeguata volontà politica, la tendenza possa essere ancora invertita sale forte l’appello congiunto per un accordo sostenibile in vista della COP21 di Parigi.
"I numeri – osserva Jean-Pascal van Ypersele, climatologo ed ex vice Presidente IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change- evidenziano come il destino del pianeta Terra sia totalmente nelle mani dell’uomo e delle sue scelte. L’influenza umana sui fattori climatici è pari al 95%”. Da qui, un appello a tutti gli attori politici internazionali che si riuniranno a Parigi per cogliere la necessità storica di un accordo sul clima, ormai non più differibile. Servono tecnologie più pulite per la produzione e il consumo di energia, per contenere al di sotto dei 2 gradi l’innalzamento delle temperature globali, con un intervento di riduzione delle emissioni di CO2 tra il 40% e il 70% entro il 2050”.
Interventi importanti ma economicamente sostenibili: “In termini economici avrebbero un costo pari allo 0,06% del Pil mondiale” ha concluso il climatologo belga.
Domenico Gaudioso, capo del Servizio Clima e Atmosfera dell'ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale nel suo intervento ha invece denunciato l’inadeguatezza delle misure previste che, “anche se prese tutti assieme, non saranno sufficienti a garantire il rispetto del limite dei 2°C di riscaldamento globale”.
Il valore più probabile che si raggiungerà, ha sostenuto Gaudioso, “è un aumento compreso tra 2,7 e 3,6 °C di riscaldamento”.
Per sperare che la conferenza di Parigi “non si tramuti in un flop” – ha concluso il ricercatore italiano – “servirà quindi raggiungere un accordo coraggioso non solo dal punto di vista dei contenuti ma anche dal punto di vista giuridico: è importante che il nuovo accordo preveda un meccanismo di revisione periodica in base al quale tutti i Paesi siano obbligati ad aggiornare i propri impegni senza poterli ridurre. Necessario inoltre un meccanismo di monitoraggio e verifica trasparente dell'attuazione degli impegni”