3 Dicembre 2015
Redazione
CAMBIAMENTO CLIMATICO
3 Dicembre 2015
Redazione

La COP21 parte lenta


La conferenza sul clima di Parigi è iniziata con qualche impedimento procedurale. Si lavora agli impegni per ridurre le emissioni di CO2 che i governi dovranno approvare entro l'11 dicembre.

Precedute dall'inaugurazione del 30 novembre, con le dichiarazioni dei capi di stato, il 1 dicembre sono iniziate le riunioni della COP21, la Conferenza delle Parti di Parigi che, sotto l'egida dell'ONU, riunisce intorno a un tavolo le nazioni del pianeta per affrontare il problema dei cambiamenti climatici.

Lo scopo è vincolare tutti i paesi a un accordo condiviso che preveda misure a breve e lungo termine per contrastare i cambiamenti climatici.
La conferenza è presieduta dalla Francia, nella persona di Laurent Fabius, ministro degli esteri, coadiuvato da due co-presidenti operativi: l’algerino Ahmed Djoghlaf e lo statunitense Daniel Reifsnyde.

Alla fine la COP21 dovrà produrre due documenti: il "Protocollo" che riassumerà le misure generali e gli obiettivi a lungo termine, e la "COP Decision" che indicherà le misure più specifiche da intraprendere e i provvedimenti a breve termine.
Durante questa prima settimana i 196 rappresentanti nazionali discutono e approvano i paragrafi dei testi da presentare poi, entro sabato 5, alla Presidenza. Non si tratta in realtà di un unico negoziato ma di diversi tavoli tematici denominati: "Mitigazione", "Adattamento", "Finanza", "Trasparenza delle azioni" e "Global stocktake".

Secondo i rapporti degli osservatori dell'Italian Climate Network non sono mancati fin dall'inizio problemi procedurali: ad esempio sulla possibilità dei singoli paesi di inserire aggiunte al testo in discussione, o sull'opportunità di istituire un nuovo organismo che prepari l'entrata in vigore dell'accordo. Sono questioni forse poco interessanti per il grande pubblico ma influenti sull'equilibrio di interessi intorno a quest'accordo, e dunque si rischiano impasse e ritardi nei lavori.

L'iniziale lentezza dei lavori è già stata rimarcata anche dal presidente Fabius che ha richiamato pubblicamente i delegati a un maggior impegno per produrre risultati concreti entro il tempo a disposizione.

Sembrano procedere più spediti i lavori per approvare i paragrafi relativi agli impegni dei singoli stati per diminuire le proprie emissioni di CO2 nei prossimi anni: i cosiddetti INDC Intended Nationally Determined Contributions. Si tratta in pratica delle promesse dei vari governi di provvedimenti per raggiungere l'obiettivo dichiarato per questo secolo: mantenere l'aumento del riscaldamento globale sotto i due gradi centigradi.

Purtroppo è stato stimato che la somma di questi impegni nazionali non sarà comunque sufficiente a conseguire quest'obiettivo. La soluzione a questo problema potrebbe essere un accordo, che esca sempre da questa conferenza di Parigi, che preveda l'aggiornamento periodico, ogni cinque anni, dei contributi nazionali.


Chiusa questa prima fase, da domenica 6 entreranno in gioco i ministri degli esteri e dell'ambiente dei vari paesi (o i loro incaricati) per discutere il testo prodotto dai tavoli negoziali.

La COP21 si chiuderà l'11 dicembre,  ci si augura, con l'adozione condivisa del nuovo accordo sul clima.

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