7 Agosto 2018
CAMBIAMENTO CLIMATICO
7 Agosto 2018

La Terra rischia di diventare inabitabile: l'"Hothouse Earth" è un evento possibile

Secondo un recente studio, il riscaldamento globale rischia di superare di 4-5°C le temperature preindustriali: per i ricercatori, non basta contenere le emissioni

Secondo l’accordo di Parigi, entro fine secolo dobbiamo riuscire a mantenere il riscaldamento globale entro 1,5-2°C rispetto all'era preindustriale. Tuttavia, secondo uno studio pubblicato su PNAS (Proceedings of National Academy of Sciences), è comunque possibile che la Terra diventi ciò che gli scienziati chiamano “Hothouse Earth”: c’è infatti il rischio che il clima, alla lunga, si stabilizzi ad una media di 4-5°C superiore alle temperature preindustriali, con un livello del mare di 10-60 m superiore a quello di oggi.

Lo studio, intitolato “Trajectories of Earth System in the Anthropocene”, è opera di vari ricercatori, tra cui il principale è Will Steffen dello Stockholm Resilience Center e dell’Australian National University, che afferma: “Le emissioni antropiche di gas serra non sono l’unico fattore determinante della temperatura sulla Terra. Il nostro studio suggerisce che un riscaldamento globale di 2° C indotto dall’uomo potrebbe innescare altri processi del sistema terrestre, spesso chiamati ‘feedback’, che possono causare ulteriore riscaldamento, anche se smettiamo di emettere gas serra. Evitare questo scenario richiede un reindirizzamento delle azioni umane, dallo sfruttamento alla gestione del sistema terrestre”.

Per questo i ricercatori hanno preso in considerazione 10 processi di feedback naturale, alcuni dei quali sono chiamati “tipping elements”, ossia soglie limite che, se superate, possono portare a cambiamenti improvvisi. Questi sono: scongelamento del permafrost, emissione di idrati di metano dai fondali oceanici, indebolimento dei pozzi di carbonio (prevalentemente boschi e foreste), aumento della respirazione batterica nei mari, morte della foresta pluviale amazzonica, indebolimento della foresta boreale, riduzione del manto nevoso nell’emisfero settentrionale, scomparsa del ghiaccio in estate nel Mare Artico e riduzione della banchisa ghiacciata marina antartica e delle calotte polari.

Johan Rockstrom, un altro autore dello studio nonché ex direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Centre e co-direttore designato del PIK (Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung) sottolinea come “questi punti di non ritorno possono potenzialmente comportarsi come una fila di tessere di un domino: una volta che una viene spinta, spinge la Terra verso l’altra, può essere molto difficile o impossibile fermare l’intera fila del domino. Se la 'Hothouse Earth' diventerà realtà diversi luoghi sulla Terra diventeranno inabitabili”.

Come affrontare la situazione? Non solo riducendo le emissioni di gas serra, quindi, ma anche migliorando la creazione di nuovi depositi biologici di carbonio, con “il miglioramento e/o la creazione di nuovi depositi biologici di carbonio, ad esempio attraverso una migliore gestione forestale, agricola e del suolo, la conservazione della biodiversità e tecnologie che rimuovono l’anidride carbonica dall’atmosfera e la stoccano sottoterra”, come si legge nello studio.

Conclude un’altra autrice dello studio, Katherine Richardson del Center for Macroecology, Evolution and Climate dell’Università di Copenhagen, in realtà noi possiamo fare qualcosa per cercare di arginare il peggio a livello di cambiamento climatico, ma dobbiamo identificare le giuste “leve che possono essere usate per farlo”. E questo studio presenta ottime indicazioni per iniziare.

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