11 Dicembre 2018
Giorgia Martino
CAMBIAMENTO CLIMATICO
11 Dicembre 2018
Giorgia Martino

La pagella del clima premia l'Unione Europea, ma l'Italia peggiora

Secondo il Rapporto Germanwatch 2019, che analizza le performance climatiche dei vari Paesi, l'UE si è contraddistinta per obiettivi climatici ambiziosi; ascesa green per la Cina, ultimi posti per gli USA

Cosa si è fatto per il clima nell’ultimo anno? La parola viene data al Rapporto Germanwatch 2019, presentato ieri lunedì 10 dicembre alla Cop 24, la Conferenza internazionale sul clima dell’Onu che si tiene a Katowice fino al prossimo 14 dicembre.

Il report analizza la performance climatica di 56 Paesi e dell’Unione Europea nel suo complesso: tutti questi territori rappresentano il 90% delle emissioni globali.Il rapporto è stato realizzato in collaborazione con CAN, New Climate Institute e, per l’Italia, con Legambiente. 

Le misurazioni sono state effettuate attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), che si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

Sono stati fatti dei passi avanti? Di sicuro, ma non abbastanza. Non quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo che ci si è posti con l’Accordo di Parigi, ossia essenzialmente quello di non superare la soglia di 1,5°C per quanto riguarda la temperatura globale rispetto a quella preindustriale.

Quest’anno le prime tre posizioni in classifica restano vuote, proprio perché nessuno dei Paesi analizzati ha raggiunto il livello necessario per contrastare efficacemente i cambiamenti climatici.

In compenso, c’è un quarto posto occupato dalla Svezia che ha mostrato di essere in grado di ridurre le emissioni nonché di favorire la crescita delle rinnovabili.

L’Italia si trova al posto 23, ben 7 posizioni in meno rispetto all’anno scorso. Infatti, nonostante il nostro buon utilizzo dell’energia, il nostro Paese si è caratterizzato per aver rallentato lo sviluppo delle rinnovabili e per l’assenza di un’adeguata politica climatica.

Posto non d’eccellenza per la Germania, che si tiene ad un 27mo posto a causa di una quota ancora importante di carbone nel mix energetico nazionale, oltre ad una mancata strategia per la decarbonizzazione dei trasporti.

Se si parla di Unione Europea nel suo complesso, c’è invece un piccolo miglioramento rispetto all’anno scorso, con una salita di 5 posti, arrivando al 16mo grazie ad una politica climatica avanzata e grazie all’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050.

Un ammirevole quinto posto è occupato dal Marocco, che ha investito parecchio nelle fonti green di energia.

Tra i Paesi emergenti, l’India merita un ottimo 11mo posto, grazie a basse emissioni pro-capite e all’attenzione data allo sviluppo delle rinnovabili.

In una posizione più o meno intermedia è situata la Cina, che con il suo 33mo posto ha sicuramente fatto dei passi avanti rispetto al passato, adottando norme più severe per la riduzione delle emissioni da parte delle industrie e delle abitazioni, oltre ad un regime di incoraggiamento delle rinnovabili.

Agli ultimi posti della classifica, l’Arabia Saudita (60ma postazione) e USA (59ma). Tuttavia, sebbene gli Stati Uniti con Trump abbiano fatto dei passi indietro, si conferma positivo e propositivo l’atteggiamento di oltre tremila stati, città, imprese ed enti d’istruzione statunitensi che, riuniti nell’Alleanza per il Clima, lavorano per raggiungere gli obiettivi decisi dall’Accordo di Parigi.

I risultati del Rapporto sono così commentati da Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente: "Tutti i governi europei sono chiamati a fare la loro parte, a partire dall’Italia. Una prima importante risposta deve arrivare dal Piano Nazionale Clima-Energia, che dovrà essere trasmesso alla Commissione europea entro la fine di dicembre, nel quale vanno introdotti obiettivi più ambiziosi di quelli attualmente previsti in Europa per il 2030. Un impegno indispensabile non solo per tradurre in azione l’Accordo di Parigi, ma soprattutto per accelerare la decarbonizzazione dell’economia europea. Solo così sarà possibile vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per l’occupazione e la competitività delle imprese europee, attraverso una giusta transizione che non penalizzi i meno abbienti e le aree periferiche. Una sfida che l’Europa e l’Italia non possono fallire. L’impegno dell’Europa, seppur positivo, non è ancora sufficiente. È necessaria una Strategia climatica di lungo termine in grado di accelerare una giusta transizione verso un futuro rinnovabile e libero da fonti fossili. Primo passo in questa direzione è l’aumento dell’attuale target europeo del 40% al 2030. In Europa ci sono tutte le condizioni per sfruttare appieno le nostre potenzialità economiche imprenditoriali e tecnologiche andando ben oltre il 55% di riduzione delle emissioni entro il 2030, proposto già da diversi governi europei e dall’Europarlamento, in modo da poter raggiungere zero emissioni nette entro il 2040″.

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