Riattivare gli scarti urbani. L'esperienza di Orizzontale

Un gruppo di giovani architetti recupera spazi urbani inutilizzati. Nessun progetto definitivo, ma sperimentazioni per stimolare i cittadini al dibattito e all'interazione.

Tutto parte sempre da un’idea. Chi fa l’architetto a volte sogna grandi opere urbane, a volte sogna grandi avventure umane.
Orizzontale, un collettivo di giovani architetti con base a Roma, ha scelto di partire dalla seconda aspirazione e ha preferito cambiare lo sguardo con cui esaminare la città, non ha immaginato nuovi spazi cementificati, ma ha pensato di recuperare spazi insoluti, fuori dai piani urbanistici, spazi pubblici senza significato. Per farlo Orizzontale ha scelto un metodo al passo con i tempi, veloci e sfuggenti.

 
Tutto ciò che costruiscono ha funzioni temporanee, serve a riattivare luoghi e relazioni e queste sono le reali opere urbanistiche del collettivo: uomini che si incontrano e si riappropriano dello spazio in cui vivono o lavorano. Senza più deleghe, senza un imposizione scesa dall’alto. E’ architettura sperimentale in cui l’uso dello spazio non viene definitivamente circoscritto, ma si modifica con l’uomo.
Hanno scelto di lavorare su ciò che la città esilia e dimentica, spazi, persone e prodotti. Lavorano con l’idea di riciclare, di riusare tutto questo materiale espulso e di dargli forma. Lo fanno con processi collaborativi di costruzione dello spazio pubblico, infatti la progettazione è fatta coinvolgendo i cittadini, così le idee condivise diventano azioni sul campo.

 
Costruiscono con materiali di riciclo spazi pubblici temporanei dove prima non c'era nulla con l'intenzione di avviare una riflessione, un dibattito sulla qualità dello spazio pubblico e urbano. L’angolo di una strada in cui si parcheggiano i motorini, giardini nascosti e incolti, piazze nate sopra la costruzione di un parcheggio sotterraneo sono gli spazi su cui operano, spazi a cui restituiscono visibilità e funzione.
Tutto bellissimo, apparentemente suona ideologico, ma solo apparentemente. È pura realtà e funziona davvero a vedere dai loro lavori.  La condivisione non è una terapia new age che ci preserva dal conflitto, né un valore rispetto al quale classificare buoni e cattivi, ma piuttosto un metodo che trasforma l’opposizione e la divergenza in qualcosa di costruttivo. Quindi condividere uno spazio pubblico e progettarlo insieme non vuol dire essere allineati, ma verificare sul campo la possibilità di convivere, apprendere dall’altro e lavorando in uno spazio che è di tutti, è naturale ascoltare più voci che non tendono mai ad essere univoche. Orizzontale ne prende atto senza cercare di contrastare questo conflitto. Anche loro in fondo sono una voce in più del conflitto non dei  risolutori del conflitto stesso.
Questa visione ha permesso di realizzare tanti progetti prima completamente autoprodotti, ora come parte di processi artistici molto più ampi.

 
Bellissima l’esperienza al quartiere San Basilio a Roma  con “Samba”, un progetto di arte pubblica in cui le costruzioni messe in campo da Orizzontale sono state utilizzate proprio per sensibilizzare e attivare i cittadini di questo quartiere complicato della città in occasione di una grande iniziativa artistica che ridipingeva intere facciate di palazzo.
Oppure l’esperienza a Largo San Milano a Cinisello Balsamo. Qui hanno lavorato in una piazza che nasce come parcheggio di una concessionaria di automobili, affidato oggi in gestione temporanea al comitato di quartiere. Sulla piazza, attraverso un workshop di costruzione che ha visto coinvolti sia gli abitanti di Cinisello Balsamo sia studenti di architettura provenienti da tutta Italia, sono state realizzate alcune strutture, che attrezzeranno la piazza per i prossimi 3 anni. Uno spazio in attesa si è così trasformato in un laboratorio per la comunità aperto a tutti.

 
In tutto questo le istituzioni stanno di solito a guardare, per nulla partecipi, anchilosate sulle norme già scritte mentre le sperimentazioni come quelle di Orizzontale che contrastano con schemi rigidi e consueti hanno bisogno di deroghe. Torneremo prima o poi ad incontrare nuove istituzioni che sappiano rischiare e  dare forma ad immagini di città inedite?
Nel frattempo chi ha idee fa da sé.

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