13 Marzo 2014
Redazione
CICLO DEI RIFIUTI
13 Marzo 2014
Redazione

Un po’ di luce sulla Terra dei Fuochi

Il Governo presenta la mappatura dei terreni realmente coinvolti dall’emergenza ambientale: lo 0,01% dell'intero territorio regionale

Almeno un po’ di chiarezza è fatta. Sulla tormentata e dolorosa pagina della Terra dei fuochi arrivano nero su bianco i numeri del Governo, che ridimensionano molto l’area che ha gettato in allarme l’Italia intera. A seguito della mappatura dei terreni campani coinvolti dall’emergenza ambientale, il ministero delle Politiche agricole ha presentato i dati: sui 1.076 km quadrati di 57 comuni passati in rassegna, le aree ritenute sospette rappresentano soltanto il 2%, per un totale di 21,5 km quadrati. Di questi 9,2 sono destinati all'agricoltura.
La “mappatura” è stata presentata a Palazzo Chigi, alla presenza del ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina del ministro della salute, Beatrice Lorenzin, del ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, e del presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro. Proprio Caldoro, ha precisato che il 2% del territorio denominato Terra dei Fuochi corrisponde ad appena lo 0,01 per cento dell'intero territorio regionale.

Il decreto interministeriale dispone che "è vietata la vendita dei prodotti ortofrutticoli dei terreni classificati a rischio" (classi di rischio 3-4-5): si tratta di 51 siti, per un totale di 64 ettari, per i quali si prevede il divieto di immissione in vendita dei prodotti ortofrutticoli coltivati. Divieto che "è immediato", ha indicato il ministro della Salute, Lorenzin. Qui, potranno essere commercializzati solo prodotti già oggetto di controlli con esito favorevole negli ultimi 12 mesi.
È stata inoltre realizzata per la prima volta una banca dati centrale del territorio ed istituito un gruppo di lavoro che potrà replicare la metodologia di indagine messa a punto su qualsiasi altra area. Si tratta del primo passo di un’operazione mirata a restituire credibilità ai prodotti campani che, pur provenendo in larghissima parte da terreni non contaminati, hanno subito negli ultimi mesi un crollo delle vendite. Entro 90 giorni si attendono le indagini dirette a indicare le aree “no food”, quelle in cui per motivi sanitari deve essere vietata ogni coltivazione destinata all’alimentazione. Si procederà inoltre a valutare l’impatto positivo di alcune specie che svolgono un ruolo di fitodepurazione del terreno.

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