16 Novembre 2017
Dario Caputo
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16 Novembre 2017
Dario Caputo

Isole Marshall: radioattività altissima a 60 anni dai test nucleari

Uno studio condotto da alcuni scienziati americani ha dimostrato come le Isole Marshall stiano ancora scontando gli effetti delle esplosioni di Bikini e Enewetak degli anni '40 e '50. Nei sedimenti oceanici livelli di plutonio 100 volte superiori alla norma.

Gli scienziati della Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI) in Massachusetts hanno confermato un’amara verità: negli atolli di Bikini e  Enewetak nelle isole Marshall, nell’Oceano Pacifico centrale, e in particolare nei sedimenti oceanici e nell’acqua di falda, è presente una radioattività cento volte maggiore rispetto alle acque circostanti. Alla base di questa vera e propria contaminazione ci sarebbero i sessantasei test nucleari fatti dagli Stati Uniti tra il 1946 e il 1958; nonostante siano passati 60 anni e nonostante la quantità di cesio e plutonio radioattivi nelle lagune delle Isole Marshall, sia in progressivo declino, il livello di radioattività è ancora persistente, a testimonianza di quanto quei test abbiano arrecato danni all’intero ecosistema di quelle zone.

Gli scienziati, attraverso il loro studio, hanno prelevato diversi campioni di acqua provenienti dalle lagune di vari siti considerati a rischio contaminazione e hanno campionato sedimenti oceanici e acqua di falda prelevata da cisterne, pozzi e spiagge. Misurando gli isotopi del radio, un tracciante naturale, hanno cercato di capire quanto l’acqua di falda riesca a riversarsi nell’oceano e quanto di conseguenza lo stia inquinando; ciò che è emerso dalla ricerca è che i livelli di plutonio sono cento volte più alti di quelli consentiti, mentre quelli del cesio radioattivo due volte più alti. I risultati hanno destato molta preoccupazione nei ricercatori che hanno sottolineato l’importanza di ripetere regolarmente controlli come questi appena effettuati, soprattutto in vista dell’innalzamento dei livelli del mare causato dai repentini cambiamenti climatici.

Ad essere maggiormente pericolosi sono i sedimenti oceanici, questi, a differenza dell’acqua di falda che rappresenta una scarsa fonte di residui radioattivi, possono risultare molto pericolosi. Metà del plutonio trovato nella laguna dell'isola di Runit, sulla quale si trova un "cimitero nucleare" in cemento che nasconde 73 mila metri cubi di suolo radioattivo, infatti, proviene proprio dai sedimenti oceanici, corallini, che sono particolarmente porosi. L’inquinamento quindi arriva per la gran parte dall’Oceano i cui fondali porosi hanno assorbito la radioattività disperdendola ancora oggi, a decenni di distanza, verso la costa.  

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