2 Febbraio 2016
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2 Febbraio 2016

Olimpiadi dell'Ambiente: l'Italia delude.

Le 180 nazioni della Terra messe in fila secondo parametri di sostenibilità e ecologia. Italia 29a, in calo e tra le ultime in Europa. ci affossano la pesca eccessiva e l'inquinamento dell'aria.

Prima la Finlandia, con un punteggio di 90.6 su 100, seconda l'Islanda (90.5); bronzo alla Svezia (90.4), poi Danimarca, Slovenia, Spagna, Portogallo, Estonia, Malta e Francia a completare le prime dieci. L'Italia è 29a con 84.4, dopo Repubblica Ceca e Ungheria, prima di Germania e Azerbaijan. Ultimi in classifica: Madagascar (37.1), Eritrea (36.7) e Somalia (27.6). Si tratta della classifica delle 180 nazioni del pianeta, giudicate dal punto di vista delle performance ambientali. Da 15 anni l'Environmental Performance Index (EPI) analizza una serie di indicatori nei singoli paesi e assegna un punteggio da 0 a 100 in base a criteri di sostenibilità e rispetto dell'ambiente, salute degli ecosistemi e tutela delle risorse naturali. Lo studio è diretto da un centro ricerche che ha sede alla Yale University, in collaborazione con la Columbia University, il World Economic Forum e alcune fondazioni private. Lo scopo dichiarato è fare una fotografia degli sforzi verso la sostenibilità a livello globale, informare e indirizzare i governi che prendono decisioni in materia di ambiente, sostenere le politiche ecologiche decise in consessi internazionali come le Nazioni Unite o, ad esempio, i grandi meeting planetari sui cambiamenti climatici.

I 20 indicatori che hanno determinato la classifica del rapporto EPI 2016 sono divisi in due grandi ambiti: "salute dell'ambiente" e "vitalità dell'ecosistema". Nel primo ambito ricadono parametri come la qualità dell'aria, l'impatto dell'ambiente sulla salute dei cittadini, gli agenti inquinanti, la qualità dell'acqua e le condizioni di igiene; nel secondo sono analizzati voci come l'agricoltura, la quantità di foreste, ricchezza e biodiversità dei mari e delle specie viventi, le politiche di conservazione e tutela, di mitigazione del clima ed energetiche.
Le analisi per il 2016, comparate con i dati del passato, rivelano che, globalmente, ci sono stati passi avanti nell'accesso all'acqua potabile, nelle condizioni igieniche e nell'impatto dell'ambiente sulla salute degli esseri umani. Purtroppo sono stati registrati peggioramenti nel popolamento delle specie marine e nei livelli generali di biossido di azoto (un gas nocivo liberato tra gli altri dal traffico veicolare). Di contro, le aree marine protette sono quasi quadruplicate, sono aumentate anche le riserve naturali e il numero delle specie protette.
Dallo studio emerge che quando nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in Asia, crescono il benessere e l'economia, da un lato migliorano la salute e i servizi alle persone; dall'altro, progresso, industrializzazione e maggior disponibilità di denaro portano maggiori consumi, sprechi e trasporti individuali e, dunque, incrementano nei livelli di inquinamento dell'aria e del suolo. Secondo il rapporto 3,5 miliardi di persone, metà della popolazione mondiale, vivono in luoghi dove i livelli di polveri sottili nell'aria sono sopra la media di sicurezza fissata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (10 microgrammi per metro cubo).

Il nostro paese esce dal rapporto con punte di relativa eccellenza e diverse zone d'ombra. Su 180 paesi si classifica 29° e migliora il punteggio complessivo dell'8,4% rispetto a dieci anni fa; ma peggiora la posizione generale e risulta in calo relativamente alle nazioni della propria area geografica: ci precedono ben 23 paesi d'Europa, che del resto piazza 10 nazioni in testa alla classifica. Da sottolineare che la Germania, invece, segue al 30° posto. I punteggi migliori per l'Italia vengono dalla disponibilità d'acqua potabile e dall'igiene (99.6 su 100) dalla biodiversità e ricchezza di habitat naturali (98.9) e dalle risorse idriche (92.7). Per qualità dell'acqua potabile otteniamo il punteggio massimo: 100, e in generale nella categoria "acqua e igiene" l'Italia risulta il 15° paese al mondo. Otteniamo però la classifica migliore nella categoria "biodiversità e habitat", grazie ai punteggi pieni per le aree protette e le politiche di protezione delle specie.
I punteggi peggiori li riceviamo: per la qualità dell'aria (72.7) che ci classifica al 124° posto nel mondo secondo questo parametro; per l'impatto dell'ambiente sulla salute (76); e soprattutto per la pesca, con un disastroso 29.1 che ci vale il 117° posto tra le nazioni in questo settore. Nonostante il punteggio per la qualità dell'aria sia migliorato di più del 55% in dieci anni, i singoli parametri mostrano troppi alti e bassi per rimanere al passo con i paesi più virtuosi: se da un lato l'inquinamento in ambiente domestico rispetto al 2006 è migliorato del 95% rasentando il punteggio pieno, il superamento dei livelli di PM 2,5 (le polveri sottili più fine che penetrano nei polmoni) e l'esposizione media ad essi, ci affossano tra i paesi più compromessi, rispettivamente al 144° e al 137° posto. Il livello di classifica più basso lo tocchiamo però con l'esposizione media al diossido di azoto, gas tossico prodotto principalmente dai motori a combustione interna: il punteggio di 33.7 ci relega al 167° posto su 180 paesi.
Per quanto riguarda la pesca, il 117° posto (tra il Belize e la Colombia) con 29 punti su 100, non solo è il punteggio più basso assegnato in assoluto all'Italia, è anche l'unico tra i parametri pilota che sia peggiorato rispetto a 10 anni fa: -4,3%. L'analisi è riferita all'eccessivo sfruttamento delle disponibilità di pesce nei mari nazionali; in sostanza è una sonora bocciatura della sostenibilità della nostra industria della pesca, e la dose è rincarata dal confronto con le altre nazioni: paragonata ai paesi confinanti la performance italiana è peggiore del 32,7%, rispetto a quelli con economie simili (in base al PIL) il gap sale al 37,5%.

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