Mentre si discute la riforma del terzo settore, beneficienza e volontariato, pilastri dell'impegno sociale nel nostro paese affrontano nuove sfide ed emergenze. Intervista all'on.le Patriarca, presidente dell'Istituto Italiano delle Donazioni.
Secondo l'ISTAT il volume delle donazioni in denaro degli italiani, in un anno raggiunge la cifra di 12 miliardi di euro: un flusso di contributi che va ad alimentare cause nobili come la ricerca scientifica per le cure mediche; la cooperazione internazionale per contrastare, ad esempio, le carenze alimentari in paesi in via di sviluppo; le adozioni a distanza; le cause ambientaliste o l'associazionismo, religioso e non, grazie allo strumento del 5x1000. Interpretando il temine "donazione" oltre il suo significato puramente pecuniario, si possono citare anche i 4,7 milioni di nostri connazionali che "donano" parte del loro tempo in attività di volontariato: assistenza, accompagno, servizi sociali, ambientalismo ecc.: un "valore" in termini di ore-lavoro che, ad esempio, è attualmente oggetto di discussione in Parlamento nel quadro della legge per la riforma del terzo settore.
Edoardo Patriarca, parlamentare in carica alla Camera e membro della Commissione Affari Sociali, in una recente intervista alla trasmissione "A Conti Fatti" della testata EconomiaCristiana.it ha auspicato un cambio di rotta del volontariato italiano: "Credo che oggi il volontariato abbia bisogno di "tornare sulla strada". [...] Spesso - ha aggiunto Patriarca, che ricopre anche la carica di presidente del Centro Nazionale per il Volontariato - il volontariato rischia di difendere posizioni che paiono non più rispondenti alle speranze e alle fatiche di questo tempo."
Il deputato piemontese, che in passato è stato portavoce del Forum del Terzo Settore, è stato interpellato in veste di presidente dell'Istituto Italiano delle Donazioni, un ente che verifica la trasparenza e l'affidabilità delle organizzazioni che si fondano sulle donazioni dei privati e sul volontariato dei cittadini: "La trasparenza è cruciale per il terzo settore di cui stiamo facendo la legge di riforma: il tema dell'affidabilità e della fiducia è di grandissimo rilievo. Soltanto se il terzo settore si rende trasparente in tutte le sue opere può intercettare le tante donazioni che oggi gli italiani fanno in generale a tutto il mondo del no profit."
(L'intervista completa da EconomiaCristiana.it)
Presidente, presenti l'Istituto Italiano delle Donazioni: quali attività svolge?
E' un istituto fondato da due grandi reti, il Forum del Terzo Settore e Sodalitas, un'associazione di Assolombarda. Quindi è un mix molto particolare, molto interessante. Ha il compito di verificare, di rilasciare una certificazione a tutte quelle organizzazioni che ne fanno richiesta, per quanto riguarda trasparenza, correttezza, gestione oculata dei fondi e delle raccolte fondi, onestà. Coloro che usano il marchio Istituto Italiano della Donazione sono in una casa di vetro: una garanzia per i cittadini che possono davvero donare senza problemi.
Le onlus che si propongono per raccogliere fondi sono, in generale, affidabili?
Le "nostre" sicuramente si. Abbiamo certificato 130 organizzazioni, grandi e piccole: su quelle ci metto sicuramente la mano sul fuoco. In generale devo dire che la trasparenza è cruciale per il terzo settore di cui stiamo facendo la legge di riforma: il tema dell'affidabilità e della fiducia è di grandissimo rilievo. Soltanto se il terzo settore si rende trasparente in tutte le sue opere può intercettare le tante donazioni che oggi gli italiani fanno in generale a tutto il mondo del no profit.
Il terzo settore mi sembra un mondo positivo, fatto di persone oneste; poi come accade sempre, ci sono anche organizzazioni che truffano e abusano della fiducia delle persone.
Voi disponete ovviamente anche di dati riguardanti i donatori. Può tracciare un profilo del donatore-tipo, e quali sono le categorie di italiani più propense alla solidarietà?
Mediamente sono persone adulte, quarantenni e cinquantenni, che hanno un buon livello d'istruzione, diplomati e laureati. Sono persone che per formazione culturale hanno una grande attenzione al sociale, al mondo della solidarietà. Parliamo di cifre davvero notevoli: secondo i dati dell'Istat, 10-12 miliardi di euro in donazioni che gli italiani fanno alle organizzazioni di solidarietà. E' un fenomeno di grande interesse, anche se in quest'ultimo semestre le donazioni che provengono dalle imprese sono leggermente calate; mentre si mantiene abbastanza stabile il numero delle donazioni, anche se è calata la cifra media donata: circa 10 euro al mese.
Quali sono le cause che più volentieri si è disposti a sostenere.
Le cause sono quelle che troviamo come dato costante anche nei dati del 5x1000: soprattutto il settore della ricerca scientifica; la sanità, e questo è comprensibile; poi il mondo della cooperazione internazionale, perché le grandi organizzazioni che lavorano con la solidarietà internazionale sono davvero molto sostenute; poi, a seguire, abbiamo il sociale e la protezione civile
Non crede ci sia sovrabbondanza di richieste di donazioni che arrivano dai media? Sembra che al cittadino sia richiesto troppo spesso di farsi carico di problemi che altri dovrebbero risolvere.
Forse ha ragione. Forse questo strumento viene abusato dai media e soprattutto dalle televisioni. Quando uno strumento viene usato malamente, senza un filtro di qualità, il rischio è che si banalizzi anche la donazione. Basti pensare agli sms solidali: da soli, ogni anno, forniscono quasi 50-60 milioni di euro alle organizzazioni che ne fanno richiesta. Anche questo strumento, se non trova un filtro, un ente terzo che sostiene il progetto, ne valuta l'impatto, l'affidabilità, la sostenibilità, aiuta il cittadino a scegliere, rischia di inflazionare il mondo delle donazioni e di farlo deperire: perché, notoriamente, i donatori si stancano, chiudono le "antenne", le orecchie e gli occhi.
Lei è anche Presidente del Centro Nazionale per il Volontariato. Dal suo punto di vista come valuta il mondo del volontariato. Gode di buona salute?
I dati di numerose ricerche, comprese quelle che abbiamo fatto noi, ci dicono che, nonostante la crisi e la fatica di tante famiglie, il volontariato in Italia tiene. Parliamo di 4-5 milioni di volontari, che mediamente dedicano ad attività gratuite 2-3 ore alla settimana. E' un mondo molto vario che sta cambiando moltissimo: basti pensare che soltanto una parte di queste persone è associata. Abbiamo nuovi fenomeni che vanno letti e intercettati: sono, appunto, i "volontariati individuali": persone che, pur non essendo associate, donano la propria attività di volontariato magari nel condominio; svolgono attività di prossimità; donano il proprio tempo per gesti di solidarietà, talvolta silenziosi, ma di grandissimo valore.
Credo che oggi il volontariato abbia bisogno di "tornare sulla strada", mi conceda questa battuta. Questa è un'esigenza che noi proporremo al Festival del Volontariato ad aprile a Lucca. Spesso il volontariato rischia di difendere posizioni che paiono non più rispondenti alle speranze e alle fatiche di questo tempo. Come dice papa Francesco, anche il volontariato deve uscire, accettare le sfide e cambiare. Tante opere svolte da alcuni volontariati in Italia, forse oggi danno segni di stanchezza. Se il volontariato vuole mantenere la sua anima profonda, che è quella solidaristica della gratuità, dell'attenzione alle nuove fatiche che stanno emergendo, deve rimettersi in cammino, come ha fatto in altri tempi. Forse oggi il volontariato italiano ha perso questa vocazione profetica che nei decenni scorsi tutte le grandi istituzioni, anche politiche, gli affidavano: cioè quella di capire e anticipare i tempi. Il volontariato ha "inventato" tante cose diventate poi politiche pubbliche: le case famiglia, le case di accoglienza, i centri per recuperare dalla tossicodipendenza, dal gioco d'azzardo. Forse oggi questa capacità di incidere sulla politica si è un po' persa e va recuperata urgentemente.