7 Gennaio 2017
Redazione
ECOSISTEMI E BIODIVERSITÀ
7 Gennaio 2017
Redazione

Quelle rotte commerciali che minacciano la biodiversità

Dove finiscono i beni prodotti a danno degli ecosistemi abitati dalle specie a rischio? Lo rivela uno studio recentemente pubblicato su Nature Ecology & Evolution

Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo". Questa frase del film The Butterfly Effect del 2004, pellicola ispirata al racconto fantascientifico A Sound of Thunder di Ray Bradbury, suona sempre più concreta se si pensa a quanto il mondo di oggi sia interconnesso e a quanto il comportamento di un determinato paese possa influenzare la vita quotidiana di persone distanti migliaia di chilometri, basta ricordare gli effetti sull’Europa di una crisi finanziaria nata al di là dell'oceano nelle banche d’affari statunitensi.
Per questo non stupisce fino in fondo sapere che i comportamenti di acquisto di alcuni paesi, i più sviluppati del mondo, impattano in maniera devastante sulla biodiversità di paesi geograficamente molto lontani.

Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Ecology & Evolution ha indagato proprio questo aspetto:  gli effetti sulla natura dello sfruttamento esagerato delle risorse promosso dal consumismo del mercato globale.
I ricercatori Daniel Moran (università Norvegese di Scienza e tecnologia) e Keiichiro Kanemoto (Università giapponese di Shinshu) hanno analizzato la correlazione tra la devastazione degli habitat delle specie in via di estinzione e la domanda commerciale mondiale che promuove lo sfruttamento delle risorse nelle stesse regioni.
Per farlo hanno preso in considerazione 6.803 specie a rischio di estinzione in tutto il mondo, hanno identificato i prodotti che le riguardano in qualche modo e infine seguito questi beni fino alla loro destinazione finale, i mercati dove consumatori di tutto il mondo acquistano merce di uso quotidiano.

I risultati sono stati proiettati su delle mappe che spiegano su quali paesi impattino i mercati di altri: risulta ad esempio che le minacce alla foresta amazzonica derivino in particolare dagli Stati Uniti i cui consumi impattano addirittura di più sul Sud del Brasile, dove sono localizzate le piantagioni più grandi. Una sorpresa, sempre a proposito di Stati Uniti, riguarda l’impatto che questo mercato ha sull’Europa, in particolare sulle specie avicole e ittiche di Spagna e Portogallo.

Gli Europei hanno invece sulla coscienza gli habitat delle regioni africane, in particolare in Etiopia, Marocco, Zimbabwe e Madagascar, mentre per far arrivare beni in Giappone vengono minacciate le popolazioni del Sud Est asiatico dove si producono the, cacao e olio di palma.
Insomma, nessuno ha la coscienza pulita, ognuno e vittima e carnefice dei mercati altrui, ma la ricerca è importante per la sua capacità di essere un potenziale strumento a disposizione di governi, imprese e consumatori responsabili per impegnarsi sulla strada, almeno, della mitigazione degli effetti di queste politiche commerciali e dei loro danni sulla biodiversità mondiale.

 

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