Negri (Forum per la Finanza Sostenibile): i clienti chiedono e i prodotti ci sono, serve maggiore attenzione nelle reti distributive.
Con lo stop della BEI a investimenti in fonti fossili l’Europa ha intrapreso una strada precisa.
Nel 2015, con l’Accordo di Parigi sul clima e l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, le Nazioni Unite hanno tracciato un sentiero che dovrà portare il mondo verso la transizione a modelli economici attenti alla sostenibilità ambientale e sociale.
Un percorso che, per essere efficace non può non coinvolgere anche il mondo della finanza dove sono in continua crescita gli investimenti etici e sostenibili (SRI - Sustainable and Responsible Investment), che cioè tengono nella dovuta considerazione i fattori ambientali, sociali e di governance (i cosiddetti criteri ESG), nella selezione delle aziende e dei fondi da proporre agli investitori.
Secondo la Global Sustainable Investment Review 2018, i capitali investiti seguendo parametri SRI ammontano livello globale a 30,7 mila miliardi di dollari con una crescita negli ultimi due anni del 34% (contro il 25,2% nel biennio precedente). L’Europa, e al suo interno l’Italia, è il traino di questo particolare mercato di cui rappresenta il 46% con circa 14 mila miliardi di euro investiti responsabilmente.
Sempre più investitori istituzionali stanno orientando le proprie scelte in funzione di questi criteri e anche la clientela retail, i piccoli investitori, manifesta una crescente sensibilità al tema come ha evidenziato la ricerca “Risparmiatori italiani e cambiamento climatico” che il Forum per la Finanza Sostenibile ha presentato lo scorso 12 novembre in apertura dell’ottava Settimana dell’Investimento Sostenibile e Responsabile.
Il presidente del Forum, Pietro Negri è intervenuto su Ecosistema, trasmissione di Earth Day Italia in onda su Radio Vaticana Italia.
“Risparmiatori italiani e cambiamento climatico”. Quali sono le principali considerazioni che emergono da questa indagine?
Per il terzo anno svolgiamo questa ricerca con la Doxa e abbiamo chiesto, attraverso un questionario somministrato a un gruppo selezionato di investitori fra i 25 e i 64 anni che abbiano investito almeno mille euro nell'ultimo anno, quali siano i principali temi ambientali e se possano in qualche modo avere influenzato le loro scelte di investimento.
Cresce la consapevolezza dei consumatori rispetto all'impatto del cambiamento climatico sulla redditività degli investimenti e si riduce in parte l'interesse al mero rendimento finanziario, si vuole cioè sempre più conoscere come i soldi effettivamente vengono impiegati.
C’è ancora un sufficiente livello di fiducia verso la rete di distribuzione, consulenti e sportelli bancari, anche se emerge un gap di comprensione ancora elevato da parte degli investitori retail rispetto alla complessità dei prodotti che vengono offerti. Questo effettivamente è dovuto anche a un problema di tipo regolamentare, perché le norme sono ancora molto complesse, ma la rete distributiva dovrebbe fare uno sforzo per cercare di essere più trasparente, farsi comprendere meglio e trasmettere le caratteristiche del prodotto in modo più diretto.
Esiste una crescente domanda di prodotti di questo tipo, e sorprendentemente non necessariamente nella fascia di età di investitori più giovani, ma c’è ancora da parte del mondo finanziario un’offerta carente di prodotti che includano queste variabili; lo sforzo quindi dovrebbe essere proprio quello di avere più prodotti che possano incontrare una domanda crescente.
Come mai certi prodotti ancora sono poco proposti?
Dal lato dei manufacturer, cioè di coloro che predispongono questo tipo di prodotti quindi assicurazioni, fondi pensione, banche o intermediari finanziari in genere, si sta effettivamente realizzando un passaggio culturale molto rilevante per cui attraverso la definizione di piani strategici da parte dei consigli di amministrazione si cominciano a creare prodotti che inglobano le variabili ambientali, sociali e di governance nella loro sostanza.
È un processo lento che necessita come detto di un approccio culturale diverso.
Nelle reti distributive probabilmente serve maggiore attenzione nel cogliere una domanda crescente senza adagiarsi su strumenti e prodotti finanziari ai quali ci si è abituati nei consigli che vengono dati alla clientela finale.
La finanza è certamente un fattore importante nel processo di decarbonizzazione dell'economia i piccoli investitori possono fare molto, ma ancor di più va fatto a livello istituzionale. In questo senso è rilevante la decisione presa pochi giorni fa dalla Banca Europea per gli Investimenti che ha deciso dal 2021 di tagliare gli investimenti su attività che comprendano l'estrazione di energia da fonti fossili. Che segnale è?
È un segnale molto forte. Ci si è dato un tempo di applicazione di un biennio per dare modo a tutti di comprendere la portata di una decisione di questo tipo, ma è un segnale politico importante. La Banca Europea degli Investimenti dichiara a tutta la comunità finanziaria di riferimento che siamo effettivamente entrati nell'epoca della transizione, il più rapida e il più indolore possibile, verso un mondo che sarà sostanzialmente basato sull'uso delle energie rinnovabili a sostegno dell'economia circolare.
È anche una scelta tecnica che inciderà sulle scelte di investimento, ma vi vedo un grande valore e un grande segnale dal punto di vista politico: l'Europa ha deciso, anche attraverso le proprie istituzioni finanziarie, di intraprendere una strada ben precisa.
Anche alcuni paesi produttori petrolio stanno dando dei segnali che fanno capire che il trend sta cambiando come la recente quotazione di Aramco.
È molto significativa. Aramco è la compagnia saudita più importante, la prima al mondo di per quanto riguarda tutto ciò che ha a che fare con l'estrazione del petrolio e dei suoi derivati.
Anche se si tratta di una quota ridotta del suo capitale (1,5% circa nda) è un segnale importante di come i sauditi cerchino di raccogliere risorse finanziarie per diversificare la loro attività di investimento.
C'è qualcuno che vi vede un segnale di forte accelerazione verso la fine dell'uso del petrolio. Chiaramente se l’accelerazione dovesse essere eccessiva, questa purtroppo sarà anche foriera di gravi sconquassi sul piano sociale in tutte le parti del mondo e in tutti quegli ambiti che hanno a che fare con attività legate alle energie fossili.
Secondo lo European SRI Study 2018 in Italia sono stati investiti responsabilmente circa 1.600 miliardi di euro, parliamo del 9/10% per cento del mercato europeo. Lo ritiene un buon traguardo e che cosa chiedete come Forum alle istituzioni per stimolare ancora di più la crescita di questi investimenti?
È un buon livello e anche sorprendente perché l'Italia si è collocata al terzo posto in Europa dopo Gran Bretagna e Francia, prima dei paesi di lingua tedesca. È un segno di una grande vivacità.
Nel corso dell'ottava edizione della Settimana SRI lanciata dal Forum abbiamo in diversi appuntamenti approfondito questi temi.
Il Governo inserirà nella legge di bilancio un green new deal che a nostro giudizio ha degli spunti interessanti e importanti, ma che è ancora un po’ troppo frammentato. Servirebbe un’azione di sistema e in questo senso la richiesta che facciamo è quella di un atto inequivocabile da parte del Governo che vada nella direzione che vogliamo assumere.
Un esempio potrebbe essere l'emissione di un green bond da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze che potrebbe essere, oltre che un segnale, anche un catalizzatore di investimenti che vanno in una direzione precisa.
È in corso un dibattito sull'opportunità di definire una classificazione una tassonomia europea degli investimenti SRI. A che punto siamo e qual è la sua opinione in merito?
Il 20 novembre si terrà il terzo round di questo trilogo che è il meccanismo comunitario di deliberazione normativa che vede il Consiglio d'Europa, il Parlamento Europeo e la Commissione che ha formulato il testo di partenza di questo regolamento che dovrà definire cosa possa essere definito sostenibile nell'ambito degli investimenti finanziari.
Ovviamente si è partiti da una valutazione tipo tecnico, c’è in campo un team di ingegneri, chimici, biologi ed esperti che giudicano quanto le principali attività produttive possano incidere sulla produzione di anidride carbonica e quindi impattare sul cambiamento climatico.
È un'operazione piuttosto complicata e anche abbastanza difficile perché poi queste informazioni devono essere a loro volta rendicontate da chi svolge investimenti, quindi banche, imprese di assicurazione, fondi pensione, gestori di patrimonio, che dovrà dire quanto attraverso i propri investimenti si va a finanziare queste aziende che producono anidride carbonica.
È un'operazione tecnicamente complicata il cui limite sta nel fatto che riguarda un tema che certamente è di natura tecnica con precisi e puntuali punti di riferimento, ma sostanzialmente legato a un’idea politica di come si voglia sviluppare l'economia nel prossimo futuro.
Vedremo cosa accadrà, i tempi previsti sono ridotti e le istituzioni europee contano di uscire con un regolamento sulla tassonomia già nei primissimi mesi del prossimo anno.
Si sta per chiudere l'ottava edizione della Settimana del Investimento Sostenibile e Responsabile. Che edizione è stata?
La partecipazione è stata amplissima, rispetto alla prima edizione del 2012 abbiamo ricevuto grandissime attestazioni di interesse e un numero molto ampio di partecipanti.
Sicuramente il Forum è diventato un punto di riferimento, attualmente abbiamo raggiunto la quota di 103 membri.
Bisogna tener conto che il Forum per la Finanza Sostenibile è un'associazione multi stakeholder che associa da soggetti bancari, imprese di assicurazione e fondi pensione fino a ong, sindacati, università, gestori di patrimonio e fondazioni bancarie quindi un panorama assolutamente eterogeneo.
Questa è la nostra forza, il valore aggiunto che portiamo al dibattito sempre più vivace sulla finanza sostenibile.
Su Ecosistema il presidente del Forum per la Finanza Sostenibile presenta la ricerca “Risparmiatori italiani e cambiamento climatico” e commenta l'andamento del mercato degli investimenti responsabili e sostenibili a livello nazionale e internazionale