Il Ministro dell'Ambiente parla all'Earth Day di un cambio di rotta verso la green economy e annuncia un piano strategico del Governo per indirizzare le politice industriali verso la sostenibilità.
In occasione della Giornata Mondiale della Terra, il ministro per l'Ambiente Gian Luca Galletti ha visitato il Mercato di Campagna Amica al Circo Massimo, dove Earth Day Italia ha organizzato il convegno "Una sola famiglia umana. Cibo per Tutti è compito nostro", dal nome della campagna internazionale di Caritas, lanciata da papa Francesco a Natale del 2013 per sensibilizzare popoli e governi contro la fame nel mondo e gli squilibri alimentari.
Il ministro si è intrattenuto con i rivenditori del mercato, agricoltori e allevatori del Lazio, e successivamente si è trattenuto ai nostri microfoni.
Ministro Galletti, in tutto il mondo si festeggia la 45a Giornata della Terra. In questo lasso di tempo come è cambiato il rapporto dell'uomo con il pianeta?
Radicalmente. Rispetto a 45 anni fa abbiamo le conoscenze tecnico scientifiche per misurare i danni che abbiamo fatto e che purtroppo continuiamo a fare. La globalizzazione, inoltre, ci fa percepire perfettamente ciò che capita nel resto del mondo: nazioni industrializzate che hanno cibo talmente abbondante da permettersi di buttarne via una buona parte; e un’altra parte del mondo che muore di fame. Dopo 45 anni c'è ancora uno squilibrio insopportabile: eticamente e moralmente insopportabile. Questa è la grande sfida che abbiamo davanti.
Tra poco più di una settimana, aprirà l'Expo di Milano; come ci arriviamo, e che possibilità rappresenta l’evento per risolvere questo squilibrio?
Firmeremo la Carta di Miliano che impegnerà tutti i paesi del mondo ad azioni concrete per diminuire questo squilibrio; per arginare lo spreco di cibo dove se ne butta via troppo. Ogni volta che gettiamo il cibo, buttiamo parte della nostra terra, della nostra acqua: materie prime indispensabili per la sopravvivenza dell'uomo. Io sono orgoglioso che l'Italia abbia posto questo tema all'attenzione del mondo.
Come coinvolgere imprese, governi e potentati economici in questo processo? Ambiente ed economia sono stati spesso in conflitto di interesse.
Abbiamo una grande occasione: la COP21 che si terrà a Parigi tra novembre e dicembre. Sarà il momento in cui si ritroveranno tutti i paesi del mondo per parlare della lotta ai cambiamenti climatici. Oggi c'è la consapevolezza, anche da parte dei paesi più restii, come gli Stati Uniti o la Cina, che questo modello produttivo, così come lo abbiamo sviluppato nel XX secolo, è insostenibile per la continuazione del pianeta. Questo modo di produrre, che è servito nel ‘900, soprattutto in Europa, a ricostruire i nostri paesi, a portare fuori dalla fame centinaia di migliaia di persone, ha esaurito il suo compito. Oggi abbiamo capito che quel metodo ha effetti collaterali molto negativi: produce troppo CO2. Troppo CO2 e troppo inquinamento contribuiscono al surriscaldamento del pianeta che porterà a scovolgimenti epocali, non tra mille anni ma tra poco. Vuol dire che avremo più povertà, popolazioni che devono migrare da un posto all'altro; avremo guerre e ancora meno cibo di quello disponibile adesso. Si tratta di sostituire il modello industriale del secolo scorso con uno nuovo. Gli imprenditori, per fortuna, sono molto più avanti di noi, perché capiscono che ormai la sensibilità della gente non è più quella del passato. Oggi le persone mettono i valori dell'ambiente e della salute prima del valore dell'occupazione. Come Ministro dell'Ambiente, oggi chiudo delle aziende se non rispettano l'ambiente. Nel XX secolo era impossibile, perché il valore dell'occupazione vinceva su tutto. Oggi questo baratto non funziona più. Le imprese si rendono conto che l'economia lineare che ha caratterizzato il Novecento non è più economicamente vantaggiosa; lo è invece l'economia circolare, che consuma meno materie prime e produce meno rifiuti. Noi dobbiamo agevolare questo passaggio e gli imprenditori sono disponibili ad accettarlo.
Che stiamo facendo nel nostro Paese per agevolare una transizione all'economia green che pare difficoltosa?
Lo è assolutamente. Abbiamo due compiti, un dovere morale ed etico. Ho poco più di cinquant'anni: la mia generazione ha avuto tutti i vantaggi del boom economico degli anni '60, e oggi ha un debito verso le nuove generazioni. Prima di tutto dobbiamo mettere a posto tutti i danni fatti: dissesto idogeologico, bonifiche, disinquinamento. Dall'altra parte, come Governo, dobbiamo individuare un piano industriale del paese che ci porti dalla "brown" alla "green" economy. Lo dobbiamo fare oggi, non aspettare vent'anni: individuare quei settori strategici che servono al Paese per entrare nella nuova economia. Questo va a vantaggio del Paese ma anche degli imprenditori e dei cittadini. Lo faremo con un Green Act che tra poco vedrà la luce.