Il paradosso ambientale si amplia: pur non potendo vivere in un ecosistema degradato, l’uomo continua a non tutelarlo come dovrebbe. Aria respirabile, acqua bevibile, sono solo i bisogni primari, senza la cui soddisfazione, lo sanno anche i bambini, non può esserci vita; eppure esiste una considerevole fetta di umanità ancora incurante
Che la questione ambiente sia un tema nodale per la nuova Legislazione è ormai consolidato. Da più direzioni giungono appelli a darsi da fare, a diventare consapevoli e critici.
Troppi anni sono trascorsi da quando, nel 1972, le Nazioni Unite, riconoscendo internazionalmente il bisogno di politiche adeguate alla salvaguardia del patrimonio ambientale, crearono l’UNEP, (United Nations Environment Programme); e tanto lontano appare pure il 1992, anno in cui, con la Conferenza di Rio de Jainero fu ufficializzato, ancora una volta globalmente, il legame tra tutela ambientale e sviluppo sostenibile.
Da quei momenti, mentre la Natura attende il "ritorno" di una sua Belle Epoque, il paradosso ambientale si amplia: pur non potendo vivere in un ecosistema degradato, l’uomo continua a non tutelarlo come dovrebbe. Aria respirabile, acqua bevibile, sono solo i bisogni primari, senza la cui soddisfazione, lo sanno anche i bambini, non può esserci vita; eppure esiste una considerevole fetta di umanità ancora incurante.
Così le imperiture lotte tra associazioni ambientaliste e Governi poco attenti continuano e aumentano: e mentre oltreoceano manifestano davanti alla Casa Bianca, in Italia si mobilitano esperti del settore per lanciare video messaggi, si inviano “ecotelegrammi” si organizzano convegni e si realizzano studi sulle tematiche urgenti da sottoscrivere nell’Agenda Ambiente 2013-2018.
Nel nostro Paese, valutare gli impatti ambientali delle attività economiche è un problema politico più che rilevante e lo dimostrano ricerche inequivocabili, dati precisi come quelli diffusi dalla Conferenza Nazionale sul Rischio Idrogeologico: la superficie delle aree ad alta criticità geologica si estende per oltre 29.500 Kmq, il 9,8% della Nazione. E volgendo lo sguardo alla questione rifiuti: in Italia smaltiamo ancora il 48% dei rifiuti in discarica.
Il nuovo Esecutivo può eludere numeri così imponenti?
Si avanzano idee, si diffondo stimoli: infiniti input su come e perché sia urgente difendere i territori, proteggere gli esseri umani da inquinamenti di ogni tipo e capire in che modo sia opportuno salvaguardare i beni ambientali. Solenni verità che un Governo vigile deve tenere in conto.
Se da un lato l’Italia risulta vincente con il suo applaudito 7% in meno di emissioni di CO2 e raggiunge gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, dall’altro deve puntare ai nuovi impegni, cominciando da quelli europei fissati dalla Direttiva 2020.
Green economy dunque, in Agenda Ambiente, per preservare la biodiversità dello stivale che con 58mila specie animali e 12mila specie floreali custodisce il primato europeo. Green economy anche per la ciclopica problematica dell’occupazione perché si possono produrre 1,5 milioni di posti di lavoro in 10 anni.
Non è certo il caso di evangelizzare verità assolute che potrebbero accartocciarsi su se stesse. Non si tratta di eliminare agi e vantaggi che l’uomo ha conquistato, però bisogna variare le coordinate. Maggiore concertazione e razionalità multidisciplinari per gestire le attuali e future attività economiche: in modo da poter assicurare l’agognato sviluppo sostenibile intra e inter generazionale.