5 Novembre 2019
Gabriele Renzi
GREEN ECONOMY
5 Novembre 2019
Gabriele Renzi

Servizio idrico: investimenti in crescita, ma paese ancora spaccato in due

Utilitalia: è un servizio complesso, servono operatori con capacità gestionali e di investimento di tipo industriale.

Sui rifiuti: in Italia mancano impianti per il trattamento dell’organico, nei prossimi anni serviranno termovalorizzatori.

L'Italia è il Paese dell'Europa meridionale più ricco di risorse idriche, ma anche qui periodi di siccità prolungata, come più di una volta è accaduto nelle ultime stagioni estive, possono dar luogo a problemi di accesso all'acqua. 
Se da una parte i cittadini hanno il dovere di usare con parsimonia una risorsa tanto preziosa, dall’altra questo sforzo può apparire inutile alla luce della grande dispersione idrica che caratterizza il paese a causa di una rete acquedottistica che necessiterebbe di più di qualche intervento di manutenzione.
I dati che emergono dal Blue Book 2019, rapporto che fotografa il servizio idrico, mostrano un quadro tutto sommato incoraggiante e un settore che, sebbene ancora spaccato tra Nord e Sud, sembra aver intrapreso la giusta via.
Il rapporto è curato dalla Fondazione Utilitatis, il centro ricerche di Utilitalia, federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell'acqua, dell'ambiente, dell'energia Elettrica e del gas, in questi giorni presente a Ecomondo con una serie di convegni dedicati in particolare alla gestione dei rifiuti, altro ambito di interesse delle imprese associate. 

Sul Blue Book e sulla partecipazione a Ecomondo interviene su Ecosistema, trasmissione di Earth Day Italia in onda su Radio Vaticana Italia, Giordano Colarullo, Direttore Generale di Utilitalia.

 

Che quadro esce fuori dal Blue Book presentato la scorsa settimana?
Il quadro è in un certo senso confortante e incoraggiante perché finalmente il comparto si è posto su una traiettoria di crescita degli investimenti e del miglioramento dei servizi grazie ad un miglioramento generalizzato delle capacità imprenditoriali e gestionali, ma anche e soprattutto grazie a un set di regole chiare e stabili introdotte dal 2012 con la regolazione indipendente.

 

Gli investimenti sono in aumento, 38,7 euro per abitante, e il rapporto ipotizza che procedendo di questo passo si possa arrivare nel 2022 ad un investimento medio di circa 44 euro per abitante. Sarà sufficiente per mettere in sicurezza le nostre infrastrutture e ridurre la dispersione idrica presente nel paese?
Temo di no, anche se il trend è quello giusto.
Probabilmente arriveremo anche prima del 2022 intorno ai 44-45 euro di investimento con una forte crescita rispetto al 2012, tuttavia il fabbisogno investimenti che abbiamo stimato si attesta intorno agli 80 euro pro capite; siamo quindi a poco più della metà. Il trend è giusto, ma molto c'è da fare. In questo contesto riteniamo utile una maggiore stabilizzazione delle norme per evitare perturbazioni e far si che si continui ad investire.
C’è un forte divario fra le parti del paese con un Centro Nord che, salvo piccole sacche, si è incamminato su un percorso assolutamente virtuoso e il Sud con aree più vaste ancora in stato di “arretratezza”, soprattutto laddove la gestione non è stata affidata a dei gestori industriali, ma è stata trattenuta dai comuni che gestiscono il servizio autonomamente. Naturalmente le capacità investimento, di gestione e operative sono di gran lunga inferiori e quindi non riescono a far fronte alle sfide che un servizio industriale come questo pone ogni giorno.

   

Al Nord la dispersione idrica si attesta sul 20,6% mentre al Centro al Sud siamo su percentuali del 47% e del 45%. Ha già accennato quelli che possono essere alcuni dei motivi che hanno portato a questa situazione, ma come si esce da questo circolo vizioso, dato che probabilmente aziende più sane dal punto di vista economico hanno anche più capacità di investire per ridurre la dispersione?
L'unica modalità per uscirne è continuare su un percorso che prevede l'utilizzo di tecnologie molto avanzate come, per fare qualche esempio, tecnologie satellitari o droni per l'individuazione delle perdite nel territorio ed effettuare così interventi puntuali di rimpiazzo delle tubature laddove queste siano carenti e perdano.
L'unico modo per intervenire è far si che la riforma che fu introdotta ben 25 anni fa, la legge Galli e le sue successive e derivazioni, sia applicata completamente perché quella riforma prevedeva il conferimento (del servizio idrico) ad un gestore industriale che è l’unico che ha le capacità di investimento e gestionali adeguate per prendere in carico l'attività.
Oggi stiamo parlando di green new deal ed è possibile che siano disponibili dei fondi statali da affiancare alla disponibilità della tariffa, soprattutto nelle aree carenti: è importante che sia un finanziamento collegato ad una gestione industriale e non un finanziamento a pioggia che, come sappiamo bene nella storia italiana, finisce per essere uno spreco.

  

Tra tutte le utenze e i servizi essenziali (luce, acqua, gas, telefono), l'acqua è quella meno cara. In media una famiglia spende meno di 15 euro al mese, ma a questi si devono aggiungere secondo stime del Censis circa 240 euro l'anno per l'acquisto di acqua minerale. 
Nonostante abbiamo ampia disponibilità idrica e acqua di buona qualità, siamo tra i primi consumatori mondiali di acqua in bottiglia, i primi in Europa. Su questo aspetto Utilitalia ha anche lanciato la campagna “La tua acqua, il nostro impegno”. Come mai nel paese c'è questo atteggiamento verso l'acqua del rubinetto? 
Sono fondamentalmente motivazioni di carattere culturale. Tendenzialmente le persone hanno poca fiducia nell'acqua del rubinetto e questo è paradossale perché l'acqua che esce dal rubinetto di tutte le nostre case generalmente subisce in varie fasi centinaia di controlli e analisi, contrariamente a un’acqua (minerale) imbottigliata pura all'origine, ma che con il trasporto e con la rete di distribuzione può acquisire delle caratteristiche diverse a valle. 
Quello che noi come mondo degli operatori cerchiamo di instillare nelle case di tutti italiani è che quell'acqua è assolutamente buona e salubre da bere. Inoltre anche le implicazioni ambientali sono di gran lunga inferiori perché l’acqua del rubinetto non produce bottiglie di plastica o di vetro da gestire.

  

Utilitalia si occupa anche di energia e di rifiuti. I rifiuti in particolare sono al centro della vostra partecipazione ad Ecomondo. Giovedì 7 novembre parlerete del fabbisogno impiantistico per il trattamento dei rifiuti nel paese presentando una vostra ricerca. Cosa avete rilevato? 
L'analisi riguarda la capacità di questo paese si transitare verso l'economia circolare e quindi di implementare ciò che ci chiede l'Europa che comporterà un forte incremento della capacità di riciclaggio e, lato impiantistico, richiederà un rafforzamento. 
Quello che si evince dalla nostra ricerca è che quando arriveremo a standard in tutta Italia ci sarà una forte mancanza di impianti per il trattamento dell'organico, soprattutto nel Sud dove al momento sono assolutamente assenti. Ci sarà poi la necessità comunque di impianti che valorizzino il prodotto residuo che abbonderà ancora nonostante il grosso sforzo che questo paese farà e che va gestito in qualche modo. Noi suggeriamo che per evitare le discariche, il cui uso è comunque limitato dell'Europa, ci sia una necessità di termovalorizzazione che è l'utilizzazione migliore, più economicamente e ambientalmente consapevole, che se ne possa fare.

  

Per diversi mesi la questione end of waste ha agitato tutto il comparto rifiuti. Lo “Sblocca cantieri” ha paralizzato la normativa, ma recentemente un emendamento inserito nel decreto sulle crisi aziendali sembra aver risolto il problema. Insieme a Fise Assoambiente avete tuttavia manifestato alcune perplessità. Qual è il vostro punto di vista? 
L’emendamento permette di superare molte delle criticità che erano state poste dallo sblocca cantieri e questo sostanzialmente restituisce ai territori e agli organi tecnici la capacità di fare una valutazione sulla reale natura di prodotto del materiale che da rifiuto è stato trattato e quindi poi riutilizzato. 
Tuttavia riteniamo che in questa normativa vi sia un seme di incertezza poiché si prevedono controlli ex post, quindi dopo che è stata concessa un'autorizzazione.
Non è chiaro se questi controlli siano nel merito della adeguatezza dei processi produttivi rispetto all'autorizzazione, cioè io ho un’autorizzazione per cui devo fare le cose secondo quanto previsto dall’autorizzazione stessa ed è assolutamente legittimo e importante che gli organi pubblici facciano un controllo sulla mia adempienza.
Viceversa se il controllo ex post è fatto da un organo diverso da quelli che sono gli enti territoriali provinciali piuttosto che regionali e quindi enti di carattere nazionale possono mettere in dubbio l'autorizzazione a monte, cioè invalidare quella che è stata la procedura iniziale di autorizzazione alla trasformazione del rifiuto in prodotto, capisce bene che così si mette una nube sopra i processi produttivi. Trattandosi di processi che richiedono investimenti che hanno una vita medio-lunga, essere soggetti durante la vita del l'investimento ad una revisione che può sostanzialmente cancellare tutto l'operato fino a quel momento è chiaro non è il modo migliore per far procedere gli investimenti.

Intervista a Giordano Colarullo del 5 novembre 2019

Giordano Colarullo, Direttore Generale di Utilitalia, federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell'Acqua, dell'Ambiente, dell'Energia Elettrica e del Gas, interviene su Ecosistema, trasmissione di Earth Day Italia in onda su Radio Vaticana Italia.

Oggetto dell'intervista le evidenze del Blue Book 2019 sul servizio idrico integrato e la partecipazione della federazione e Ecomondo sul tema dei rifiuti

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