13 Dicembre 2012
Samanta La Manna
GREEN ECONOMY
13 Dicembre 2012
Samanta La Manna

Stefano Leoni per Earth Day Italia: esistono due crisi, una economica e una ambientale, il Green può aiutare ad uscire da entrambe

Il 12 dicembre 2012, il WWF Italia ONG Onlus ha presentato a Roma, presso la biblioteca Pier Lorenzo Florio della Sezione regionale Lazio, il libro Wild Law – I Diritti della Natura di Cormac Cullinan, avvocato in difesa della Terra. In quest’occasione Stefano Leoni, Presidente WWF Italia, ha risposto a Earth Day Italia sui più recenti temi ambientali

Sono appena terminati i negoziati sui cambiamenti climatici a Doha, e prevalgono pareri poco ottimisti sugli accordi raggiunti e sulle conclusioni, tra l’altro pervenute in ritardo. Qual è la sua opinione in proposito?

“La mia opinione non è certamente ottimistica: abbiamo solamente degli impegni assunti dall’Unione Europea più un paio di altri Stati, peraltro anche europei più l’Australia, mentre il resto del mondo si è defilato da ogni tipo di impegno. Cosa sta accadendo: un paradosso perché ora nessuno nega il problema, nonostante ci fosse qualcuno, fino a un po’ di anni fa che cercasse di negare non tanto l’esistenza dei cambi climatici ma la responsabilità dell’uomo, mentre oggi nessuno non lo mette sul tavolo ( o nega), ma non riesce a definire una strategia per contrastare l’accelerazione dei cambiamenti climatici. Il panorama è desolante, perché devo notare che se è vero che il problema non viene più negato significa che il problema sta da un’altra parte e non è solo la crisi economica che rende maggiormente egoista l’uomo attuale di fronte alle future generazioni ( come a dire: mi sento più povero e quindi non so come donare a coloro che verranno dopo di me). Siamo di fronte ad un nuovo riordino geopolitico in cui i Paesi che abbiamo considerato emergenti, i così detti BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e Southern Africa, non sono più emergenti, ma delle vere e proprie potenze di natura economica e politica e in questo quadro dove si rimarca anche in questo settore (non è solo nel settore ambientale che non si riescono a chiudere gli accordi internazionali) evidentemente prevale la vecchia logica delle potenze politiche rispetto a quella di un mondo condiviso. Dobbiamo iniziare a pensare che i confini non esistono per l’ambiente e su questo occorre una governance mondiale per affrontare queste tematiche”.

Dagli Stati Generali di Rimini alla Conferenza in Qatar è ormai dato inconfutabile che il “Green” sia tra le principali soluzioni per uscire dalla crisi; ma in concreto quali non mutano le azioni concrete che i Governi pongono in essere, né cambia qualcosa nella vita quotidiano delle persone. Perché?

“Non è così chiaro l’accordo. Innanzi tutto bisogna evidenziare che esistono due crisi: una di carattere ambientale ed un’altra di carattere economico. Il Green può servire ad uscire da entrambe le crisi, ma se serve solo ad uscire dalla crisi economica come qualcuno sostiene, ovvero senza cambiare i paradigmi della crisi che c’è stata fino ad adesso anche sotto il profilo economico, allora non serve perché evidentemente non si riconosce l’errore, il male che ha colpito l’economia. Mi spiego meglio: abbiamo una crisi ambientale data dalla limitatezza delle risorse ambientali rispetto al nostro super sfruttamento e questo sta entrando in crisi: i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, la desertificazione: sono i fenomeni che notiamo con maggiore tangibilità, ma gli scenari sono sempre verso il futuro anche se la crisi economica ha colpito adesso un modello di crescita evidentemente non più capace di sostenersi, un modello basato non sulla qualità, sulla quantità, ovvero sull’aumento dei consumi. Qualcuno sostiene che il Green possa far uscire dalla crisi economica perché pensa che possa essere un nuovo bisogno in grado di rilanciare i consumi e quindi riavviare il motore economico, ma attenzione, c’è il rischio, (anzi l’auspicio da parte nostra) che la domanda Green si esaurisca nel momento in cui si raggiunga la sostenibilità e a quel punto si pone il problema della sostenibilità economica perché se io ho raggiunto quella ambientale ho esaurito la nuova domanda. Quindi bisogna ricreare i concetti di benessere; è difficile accettare i concetti di benessere che assunto l’OCSE per esempio, che valuta solamente il business as usual , senza alcuna responsabilità rispetto alla tenuta dei sistemi, non solamente ambientale, ma anche sociale e quindi pensare a indici di benessere che non siano solo il consumo o il PIL, ma ad esempio: la sicurezza sociale, l’accesso alle risorse, l’eguaglianza tra i sessi, fra le generazioni e tra le varie categorie sociali giovani anziani donne"

Quindi occorre rivedere i concetti Green , ampliarli e non restringerli solo al mondo economico?

"Esatto, perché altrimenti sono poco Green".

Sembra un po’ strano che tra le Nazioni a fare i primi passi indietro sia proprio il Giappone, nonostante il recente disastro nucleare?

"Il paradosso dimostra quanto il nucleare sia sbagliato. Il Giappone, per esorcizzare Hiroshima e Nagasaki, ha riposto eccessiva fiducia in questa fonte energetica, e nel momento in cui l’hanno di smesso si sono resi conto di quanto sia poco sicura e molto invasiva rispetto ai bisogni della popolazione. Come pensano di recuperare: in questo momento non ce la fanno a creare un sistema di fonti rinnovabili capace di poter dare subito una risposta alla domanda di energia che hanno e perciò puntano molto su centrali classiche come il carbone o altre fonti fossili. Quindi non c’è da stupirsi che questo accada, quando uno Stato prende fideisticamente la strada per una sola fonte energetica, così come noi abbiamo sbagliato ad affidarci a fonti energetiche in fase di esaurimento come il petrolio o a rischio di approvvigionamento come il metano. Dobbiamo essere capaci di pensare (e qui il concetto di Green) spingendo verso nuove tecnologie e superando le vecchie fonti. Il Giappone ha rinunciato alla ricerche su fonti energetiche che non fossero l’atomo e oggi ne paga le conseguenze.
E si tira indietro a Doha perché non è in grado di poter reggere questa politica: non ha tecnologie sulle fonti rinnovabili.
Il concetto espresso da Cormac Cullinan nel suo libro Wild Law – I Diritti della Natura è ambizioso: i sistemi di amministrazione si dovrebbero allineare ai diritti della Madre Terra. Lei pensa sia possibile?
Se volgiamo lo sguardo a livello mondiale è evidente una notevole diversità di organizzazioni giuridiche di Stati e il concetto di diritto è molto elastico. In Europa sono stati già creati dei fondamenti che riconoscono alla Natura dei diritti, quindi è possibile. Ovviamente non sarà mai la Natura a rivolgersi ad un giudice, ma un suo rappresentante che possa rivendicarne la salvaguardia dei diritti. Noi abbiamo il risarcimento del danno ambientale che viene riconosciuto, anche se, in realtà solo per quanto riguarda la norma e non i giudizi però abbiamo l’obbligo di fare la valutazione d’impatto ambientale affinché alcuni progetti non compromettano la funzionalità della stessa natura. Poi ci scontriamo con i casi come quello dell’Ilva di Taranto o della Tav (intendo dire come scelte strategiche perché la Tav drena risorse per il trasporto più massivo del pendolarismo, e abbatterebbe molto di più il costo di emissione di gas climalteranti rispetto all’alta velocità, quindi sarebbe meglio investire per il ……)
Quindi ciò premesso da noi esistono già una serie di atti, norme , regole che riconoscono un diritto alla natura. WWF ha pubblicato qualche anno fa “vent’anni di successi di fronte ai giudici per la tutela della natura” come l’abbattimento di specie protette o l’abbattimento di boschi o la distruzione di fiumi. Quindi quello che ancora manca è la norma morale che sostiene la norma giuridica, e vincolare il concetto del diritto della Natura al futuro, cioè il concetto di Natura capace di evolversi e non pensare ad essa solo come ad un sistema per soddisfare le esigenze di oggi, perché significa non riconoscere alla natura la sua caratteristica fondamentale: cambiare".

Capacità di cambiare: caratteristica imprescindibile della natura lo scrive anche Cullinan. I governi dovrebbero quindi avere simile capacità per adattarsi al cambiamento della natura.

"Lui chiede che ci sia questo diritto e che sia rivendicabile davanti alle corti e che le corti siano in grado di sanzionare chi non rispetta questo diritto, ma perché il diritto sia sostanziale occorre non solo la norma, è necessario creare la morale e anche una struttura di evoluzione scientifica che conosca meglio i bisogni della natura perché oggi noi siamo ancora abbastanza ignoranti".

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