18 Gennaio 2018
Fabrizio Cavallina
TERRITORIO
18 Gennaio 2018
Fabrizio Cavallina

Il futuro anteriore dei giovani italiani

Un rapporto della Caritas italiana segnala l'aumento della povertà giovanile: la ricchezza media dei giovani capofamiglia è meno della metà di vent'anni fa. Desolante il confronto con il resto dell'Europa.

A nove anni dall'inizio crisi economica, in Italia le persone che vivono al di sotto il livello di dignità ritenuto minimamente accettabile sono passate da 1,7 a 4,7 milioni. Un fenomeno che ha colpito maggiormente una parte specifica della popolazione, cioè i giovani. La ricchezza media delle famiglie con giovani capifamiglia, infatti, è meno della metà di quella registrata venti anni fa. Inoltre, l’Italia è il terzo paese dell’Unione Europea ad aver incrementato il numero dei giovani in difficoltà: dal 2010 al 2015 sono passati da poco più di 700mila a quasi 1 milione. Questa la fotografia scattata dal rapporto sulla povertà redatto dalla Caritas italiana, dal nome “Futuro anteriore”. Un titolo volutamente simbolico, con l’intento di descrivere lo sguardo delle giovani generazioni: disincantato verso un futuro costellato d’incognite, quasi nostalgico verso il passato.

Nonostante i piani e le strategie presentate, nel 2015 – ultimo anno disponibile per questo tipo di dati fornito dall’Eurostat – spicca la presenza di 117 milioni di europei a rischio povertà e esclusione sociale. In Italia sono 17 milioni. Un vero e proprio “esercito”, come definito nel rapporto di Caritas, superiore per entità alla popolazione d’interi paesi aderenti all’Unione. Il confronto tra Europa e Italia è, però, il dato che evidenzia i mutamenti più allarmanti del fenomeno. A livello continentale l’incidenza della povertà economica è aumentata in modo limitato (solo dell’1,3%), mentre nel nostro paese dal 2010 al 2015 l’incremento del livello di povertà è aumentato del 17,3%: 2 milioni 578mila persone povere in più, secondi solo alla Spagna.
Il rischio di povertà, sottolinea il rapporto “Futuro anteriore”, affligge una parte consistente della popolazione italiana più giovane: riguarda il 33,7% dei giovani (sei punti percentuali più della media europea). L’autonomia per le nuove generazione tarda ad arrivare, con i problemi concernenti la conquista di una casa propria, la mancanza del lavoro e le incertezze rivolte alle pensioni del futuro. In linea con questo trend è anche l’uscita dei ragazzi dalla famiglia d’origine: in Italia la media è quella dei trent’anni rispetto ai ventisei dell’Unione. Caritas addita questa situazione alla mancata efficacia di alcune politiche di contrasto alla povertà “che possono aver ridotto gli stati acuti del fenomeno, ma non ne hanno certamente ridotto la portata complessiva e il potenziale di crescita”. Parlare di giovani in Italia, infatti, significa fare riferimento a situazioni di debolezza e criticità sociale che non hanno eguale “in nessuno degli altri paesi fondatori dell’Unione Europea”.

“Insostenibile è il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre di più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana” scrive Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si”. “La crisi finanziaria del 2007-2008 – prosegue – era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici (…). Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”. La scelta di porre i giovani al centro del Rapporto di quest’anno, è proprio “in sintonia – si legge – con l’attenzione di tutta la Chiesa alle future generazioni”. La povertà nel nostro Paese, però, risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce cioè all’aumentare di quest’ultima, decretando minori e giovani-adulti come i più svantaggiati. Dagli 0 ai 34 anni i giovani in povertà assoluta sono 2 milioni e 309mila, quasi la metà di tutti i poveri della nazione. Dagli anni pre-crisi (2007) ad oggi la percentuale di poveri assoluti 18-34 è quintuplicata. Mentre tra gli over 65, al contrario, il fenomeno è diminuito di qualche punto percentuale. Il gap generazionale deriva da due problemi fondamentali: da una parte dalla mancanza del bene casa, dall’altra dalle (limitate) tutele fornite dal sistema previdenziale.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24) si attesta al 37,8%. Un valore, seppure in calo, che si discosta anch’esso profondamente dalla media europea, ferma al 18,7%. Molto elevata anche la disoccupazione tra i cosiddetti giovani adulti, tra i 25 ai e i 34 anni, al 17,7% (nel 2016). I “neet”, cioè i giovani che non studiano e non lavorano, sono 3,2 milioni. Crescono, in concomitanza a questa situazione, anche le dipendenze dalle droghe e dal tabacco. Così come le “nuove dipendenze”: gioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo e anche dipendenze relazionali.

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