Per ristrutturare la rete idrica nazionale servono 5 miliardi di euro l’anno
Sul fronte delle infrastrutture idriche il nostro Paese risulta arretrato rispetto al resto dell'Europa e con molte disuguaglianze tra nord e sud: le perdite nelle reti sono stimate tra il 30-40%, gli acquedotti e le reti fognarie soffrono di vecchiaia, il 24% delle condotte e il 27% della rete fognaria ha più di 50 anni, ed ancora esiste un 8% di condotte in cemento amianto, meno della metà degli impianti di depurazione (45%) assicura un trattamento dei reflui almeno secondario e sul fronte qualità, il 2,2% dei campioni è risultato fuori norma con un 9% sulle isole.
È da questa complicata situazione che è partito il seminario "I servizi idrici e la sfida della green economy: opportunità e difficoltà nella governance del servizio idrico in Italia", organizzato dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2016, in programma a Rimini dall'8 al 9 novembre.
Una situazione che, per essere sistemata, richiede investimenti importanti. Per "aggiornare" le infrastrutture idriche nazionali sarebbero infatti necessari oltre 5 miliardi di euro l'anno, mentre l'Authority nella sua ultima relazione sottolinea che nel periodo 2014-2017 gli investimenti pianificati sono stati pari a circa 5,8 miliardi, più della metà concentrati in 3 Regioni, Lombardia, Lazio e Toscana.
Eppure investire nel settore dell'acqua potrebbe avere non solo fare bene all'ambiente, ma anche servire da volano per l'occupazione, secondo l'Onu infatti la forza lavoro impegnata nel settore idrico in Europa è di ben 600.000 unità e negli Usa ciascun posto di lavoro creato a livello locale nel settore idrico comporta la creazione di 3,68 posti di lavoro indiretti nell’economia nazionale.
Nel documento discusso nel corso del seminario è stato sottolineato come alcune azioni di notevole utilità ai fini di una gestione sostenibile della risorsa idrica siano in forte ritardo, soprattutto in alcune aree del paese.
In particolare gli interventi per il contenimento delle perdite negli acquedotti, per l’abbattimento dell’evasione ed elusione della tariffa, per garantire la disponibilità a tutte le utenze civili anche in periodi siccitosi, per il rafforzamento dell’attuale tendenza di riduzione dei consumi e per il riutilizzo delle acque grigie e di quelle depurate, per l’adeguamento delle infrastrutture di approvvigionamento, trattamento, collettamento e depurazione con criteri di razionalità e efficacia, per la riduzione progressiva del numero dei gestori, per garantire che siano correttamente attuate procedure di gestione per la valutazione e la gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano, con riferimento specifico alle grandi infrastrutture di uso pubblico.
"Per garantire insieme alla tutela di questo bene comune di fondamentale interesse pubblico insieme alla disponibilità di acqua in quantità e qualità sufficiente per soddisfare le esigenze dei cittadini e degli utilizzi nei settori produttivi – ha osservato il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi – è necessario, mettere in atto un sistema di azioni e strumenti realmente efficaci di tutela e utilizzi sostenibili di questa risorsa con investimenti adeguati e un quadro normativo coerente che potranno permettere di avviare il settore sulla strada della green economy. Un settore che già sta affrontando e dovrà affrontare ancora di più nei prossimi anni gli effetti dei cambiamenti climatici".