Macchia mediterranea, paludi, campi agricoli, dune, pinete; ma anche l’aeroporto internazionale, le città costiere, i progetti di nuovi porti. Tra erosione della costa, consumo di suolo e battaglie per la tutela della natura, Anna Longo di Italia Nostra ci racconta il fragile equilibrio del territorio che lega Roma al mare.
La più grande riserva naturale italiana si trova nel Lazio: è stata istituita nel 1996 e si estende per 16.000 ettari: l'1% dell'intera regione. È la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Il suo territorio è diviso tra i comuni di Roma e Fiumicino e abbraccia paludi, boschi, dune costiere, fiumi, e splendidi scorci di campagna romana; ma anche un aeroporto internazionale, campi agricoli, insediamenti urbani, aree archeologiche e stabilimenti industriali. Le maggiori associazioni ambientaliste italiane hanno rivolto un appello al Ministro dell'Ambiente perché la Riserva non ha mai varato un piano di gestione e, al momento, è priva del Comitato che dovrebbe indirizzare e approvare i progetti di sviluppo. Per conoscere meglio questa situazione “Ecosistema”, il programma di Earth Day Italia trasmesso da Radio Vaticana Italia, ha incontrato Anna Longo, vice presidente di Italia Nostra del Litorale Romano, su una duna naturale nei pressi di Passoscuro,
Descriviamo le bellezze naturali peculiari di questa riserva: quali sono i luoghi più interessanti di quest’ampia porzione del territorio laziale?
La Riserva Naturale Statale del Litorale Romano è una protezione: è stata istituita per proteggere non solo il mare e le spiagge, ma anche quello che c'è dietro. Le dune innanzitutto, che sono di rilevanza naturalistica importantissima; ma anche tutta l'area di macchia mediterranea che c'è subito dietro. Proprio in questo luogo, i tumuleti di Bocca di Leone, possiamo vedere uno dei siti più interessanti, dove c'è una compresenza straordinaria di fauna e di vegetazione tipica della macchia mediterranea: alberi, tamerici e questo spettacolare paesaggio che possiamo vedere intorno a noi.
Ci sono anche dei luoghi legati alla storia e all'archeologia.
I luoghi più importanti ovviamente sono Ostia antica e i porti di Claudio e Traiano. Questi sono siti di rilevanza mondiale. C'è un progetto, un po' idealista se vogliamo, di riunificare tutta quell'area; impresa forse troppo lontana dalla possibilità di realizzazione. Purtroppo, negli anni sono state costruite infrastrutture, anche a servizio dell'aeroporto Leonardo da Vinci, che tagliano questo territorio il quale, con le sue contraddizioni, caratterizza la riserva. Per quanto riguarda la progettualità più verosimile, si pensa almeno a una connessione con piste ciclopedonali per consentire una visita più adeguata alle aree archeologiche di maggior rilievo. Ci sono tantissimi altri luoghi importanti, magari non fruiti: come Fianello, un sito addirittura più antico degli altri che sono di epoca romano; e la villa romana marittima di Palidoro, che si estende dalla Torre di Palidoro, nel lembo più a nord della riserva, fino a Marina di San Nicola. Alcune parti sono state scavate e visibili, come a Marina di San Nicola, altre parti sono sottoterra, addirittura sotto l'ospedale Bambino Gesù.
Quali sono i luoghi a cui Italia Nostra, o lei personalmente, siete più legati? Ad esempio, proprio ora siamo in un posto dove un cartello ricorda un evento culturale "epocale".
Siamo sul rio Tre Denari, che è il “fiumicello invalicabile” dove Federico Fellini girò la scena finale de “La Dolce Vita” esattamente sessant'anni fa, con Marcello Mastroianni sul lato nord e Valeria Ciangottini, "Paolina", sul lato sud. Questo sicuramente ha una valenza importantissima. Anche perché proprio a Passoscuro, la località qui adiacente, sono stati girati diversi film tra cui "Qualunquemente" di Albanese, "L'ultima ruota del carro" di Veronesi, e diverse scene di "The Young Pope" di Sorrentino.
Quali sono le maggiori minacce, umane e ambientali, per le riserve in generale, e per questa in particolare?
La minaccia è quella che riguarda un po' tutta l'Italia: il consumo di suolo. Non abbiamo ancora la legge per limitare il consumo di suolo in Italia: la si attende da anni e questo evidentemente ha delle conseguenze anche nelle aree protette. Consumo di suolo che si può intendere sia come l'ambizione a costruire sempre e comunque, magari de-perimetrando (“riducendo”, nda.) la riserva statale (in passato è successo), ma anche attraverso le infrastrutture: l'aeroporto di Fiumicino dovrebbe essere addirittura raddoppiato. C'è una battaglia in corso da tantissimi anni con gli amici del Comitato Fuoripista per contrastare questo progetto che “loro” definiscono più “efficiente”, non più “grande”, ed è possibile. Dall'altra parte [c’è] il porto “commerciale” di Fiumicino (il progetto di un nuovo porto per pescherecci e navi da crociera, nda.); e sappiamo le tristi situazioni precedenti che riguardano il porto “turistico” di Fiumicino (il cantiere, fermo da anni, per un grande approdo turistico, iniziato, abbandonato e oggetto di inchiesta giudiziaria, nda.).
L'ospedale Bambino Gesù di Palidoro ha presentato un progetto che costituisce di fatto un raddoppio nelle sue superfici. Progetto che ha vissuto anche dei dinieghi molto forti da parte della Soprintendenza del Ministero dei Beni Culturali. Adesso è stata approvata una soluzione intermedia, nel senso che è meno impattante dal punto di vista visivo. Però comunque si tratta di otto anni di lavoro sul litorale. Italia Nostra si è contrapposta a questo progetto, pur nel dialogo [per cui] devo ringraziare la Presidenza e la Direzione dell'ospedale. Chiaramente però, otto anni di lavori e il raddoppio di una superficie “dentro” la riserva, proprio al confine con una delle aree più incontaminate e selvagge del litorale, per Italia Nostra non sono ammissibili. Italia Nostra avrebbe preferito che all'ospedale Bambino Gesù fosse stato assegnato l'ex Forlanini (a Roma, nda.)
Arriviamo alla motivazione del comunicato stampa di Italia Nostra ed altre associazioni civiche e ambientaliste: la questione della governance di questa riserva. Partiamo dall'inizio: come e da chi dovrebbe essere gestita, per legge, una riserva? Perché per questa riserva, istituita nel 1996, non è ancora stato varato un piano di gestione?
L'avventura comincia negli anni '80, quando si voleva attuare una mega speculazione edilizia a Capocotta. Vari movimenti, compreso quello dei naturisti italiani, innalzarono barricate ideali contro questa mortificazione del paesaggio naturale, delle nostre risorse reali che sono queste: il litorale, il mare, le dune. Chiaramente molte associazioni lavorarono insieme. Un ruolo di primo piano fu quello di Antonio Cederna con Oreste Rutigliano, proprio per Italia Nostra: fecero una serie iniziative finché si arrivò, appunto nel '96, al decreto istitutivo della Riserva. Riserva che è la più grande d'Italia; costituita in modo anche un po' avventuroso: per salvarla con una emergenza. Fu un decreto di emergenza, perché senza una protezione di questo tipo, qui sul mare, avrebbero continuato a costruire chissà come e chissà quanto. Quindi [un decreto] molto buono che ha salvato il salvabile. Poi però, entro sei mesi dal 29 marzo del 1996 avrebbe dovuto uscire il Piano di Gestione: le regole per la gestione della riserva. Stiamo aspettando. Sono passati 23 anni e ancora non c'è il piano di gestione. Quindi noi, le associazioni: il WWF, la Lipu, il FAI insieme con Italia Nostra, abbiamo fatto questo comunicato per sollecitare la definizione, il punto di arrivo di questo percorso. Nel 2015 il Piano di Gestione è stato affidato a un commissario ad acta, il quale ha lavorato. Noi abbiamo partecipato con le osservazioni, molte delle quali abbiamo anche visto accolte. Poi c'è stato l'intervento del Ministero dell'Ambiente e del Ministero dei Beni Culturali. In particolare il Ministero dei Beni Culturali ha consigliato una maggiore protezione per le aree archeologiche (anche quelle non fruibili) e la creazione di una “buffer zone”, cioè di una zona di confine, tampone, cuscinetto, tra i confini della Riserva e il resto; perché altrimenti, per esempio, una discarica come quella che adesso si vorrebbe fare nella località Malnome al confine con la Riserva, non può non interferire con la realtà che dovrebbe essere protetta all'interno del parco. Quindi il Ministero ha fatto queste ulteriori osservazioni; non sono state accolte. Pochi giorni fa il commissario ad acta ci ha invitato e ci ha spiegato perché, per ragioni che riguardano aspetti normativi relativi ai parchi e alle riserve, non si può fare questa zona cuscinetto. Adesso comunque il commissario ha ricostruito ancora una volta questo piano e sta aspettando il benestare definitivo dalla Commissione di Riserva. Sembra un giallo.
Perché succede questo? Perché 23 anni per arrivare a un piano?
Intanto perché manca la Commissione di Riserva: un ente istituito dal decreto che ha creato la Riserva del Litorale, e che ha il potere di veto e dei poteri vincolanti. Doveva esprimersi, ma è scaduta a marzo. Da marzo noi chiediamo il rinnovo della Commissione; ma adesso non si può approvare il piano di gestione perché non c'è la Commissione di Riserva. Detto questo: perché 23 anni? Sarebbe da chiedere a tutti quelli che hanno cercato in tutti i modi di ostacolare il sistema di protezione, perché evidentemente volevano fare altro. Cioè non volevano la tutela: volevano costruire. Evidentemente non c'è stata la volontà politica di portare a buon fine queste norme.
Come vive il rapporto con questa riserva la popolazione di Passoscuro e del litorale? Viene rispettata? Bisognerebbe fare di più? più educazione? O la Riserva è anche una risorsa sociale di questo posto?
Devo fare riferimento in particolare a questo luogo (Passoscuro, nda.), perché qui c'è una scuola, un istituto comprensivo, quindi con le medie e le elementari, che grazie a un’insegnante, Stefania Bragaglia titolare dei progetti ambientali, si è data molto da fare per cercare di costruire nei bambini la consapevolezza del luogo dove vivono. Quindi sì: si fanno attività didattiche che certamente impostano, entro certi limiti, una coscienza e una consapevolezza. Però posso dire che quando “sbarcai” qui, ormai quindici anni fa, le persone non sapevano che erano "nella" Riserva del Litorale. Non ne conoscevano neanche l’esistenza.
La vice presidente di Italia Nostra - Litorale Romano fa un punto sulle criticità attuali della riserva nazionale: consumo di suolo, progetti edilizi e di sviluppo commerciale che minacciano di intaccare i confini posti a tutela di questo territorio.