I negazionisti fanno quello per cui sono definiti tali, gli ambientalisti lottano e qualche volta ottengono buoni risultati. Intanto la Natura resta lì, tra degrado e cure di pochi. Nel Bel Paese si spende pochissimo per la tutela ambientale
«L'uomo ha un diritto fondamentale alla libertà, all'eguaglianza e a condizioni di vita soddisfacenti, in un ambiente che gli consenta di vivere nella dignità e nel benessere, ed è altamente responsabile della protezione e del miglioramento dell'ambiente davanti alle generazioni future». Così cita il primo punto della dichiarazione di Stoccolma del 1972 che sancisce una volta per tutte la responsabilità dell’uomo nei confronti dell’ambiente. La soluzione dei problemi dell’ambiente richiede sicuramente un cambio di rotta sostanziale dei processi produttivi e di consumo, ma soprattutto di politiche istituzionali a tutti i livelli di governo. Questo vuol dire cambiare anche la visione che si è avuta fino a qualche decennio fa dell’economia, verso uno sviluppo più sostenibile.
I singoli cittadini fanno certamente bene a informarsi – e non dovrebbero smettere di farlo - su tematiche così delicate e complesse, però è necessario che gli amministratori comprendano a fondo il problema e agiscano di conseguenza.
Secondo dati dell’Istat, nel 2010 l'ammontare della spesa ambientale erogata dal complesso delle amministrazioni regionali italiane è stata 4.329 milioni di euro, corrispondente a una spesa media di 71,6 euro per abitante, con un'incidenza sul Prodotto interno lordo (Pil) pari allo 0,28%. E rispetto al 2009 la spesa è addirittura diminuita di oltre il 15%!
Sempre nel 2010 il 63% della spesa ambientale è stato destinato a interventi e attività finalizzati alla "protezione dell'ambiente", ossia alla salvaguardia dell'ambiente da fenomeni di inquinamento (emissioni atmosferiche, scarichi idrici, rifiuti, inquinamento del suolo) e di degrado (perdita di biodiversità, erosione del suolo, salinizzazione); il restante 37% è stato utilizzato per la salvaguardia dell'ambiente da fenomeni di esaurimento dello stock delle risorse naturali.
Dagli studi della Banca Mondiale riferiti al 2010, scopriamo che l’ Italia, proteggendo il 17,44% delle sue acque territoriali è al quarto posto dopo Germania, Stati Uniti e Francia. E rimane stabile in quarta posizione anche per la percentuale di superficie terrestre protetta: 15,06%. quantità ben lontana dal 42,42% tedesco.
Certo, siamo migliorati rispetto al 2000 quando le aree marine protette erano un atrofizzato 1,8% del totale o in confronto al 2001, anno in cui le zone terrestri tutelate non raggiungevano il 10% . Ma nel nostro Paese urgono azioni decise per la messa in sicurezza del territorio, per una vera e propria riconversione ecologica.
E come sorvolare sul clima che continua a cambiare? Dal recente Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), è emerso che gli esseri umani sono i principali colpevoli di un Pianeta Terra in pericolo. Gli studi scientifici sono sempre più accurati e precisi e i dati a disposizione sono molti di più. Ecco perché la sicurezza di una responsabilità antropica è quasi incontestabile. Il Bel Paese non fa eccezione, i cambiamenti climatici sono rilevanti, a dirlo anche l’Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e si parla anche di possibili costanti e continui cambiamenti del clima nelle decadi future, a livello mondiale e locale.
Imprese, enti locali, università e istituzioni di Governo devono lavorare insieme per rendere efficace ed efficiente l’utilizzo delle risorse pubbliche a disposizione, in primis i fondi europei. Bisogna migliorare la coscienza ambientale di chiunque, affinché la sua mordace azione positiva conduca nella medesima direzione i poteri decisionali, ma anche l’uomo della strada: ognuno deve affinare le proprie consapevolezze per agire a favore delle bellezze naturali italiane.