27 Aprile 2019
VIVERE GREEN
27 Aprile 2019

Al Villaggio per la Terra, il grido dell'Amazzonia ferita

Durante il talk dedicato al dramma che stanno vivendo i popoli amazzonici, lo struggente appello di una giovane indigena a tutti noi

Non solo deforestazione e sfruttamento, ma anche minacce sempre più pressanti per le popolazioni indigene: dal Villaggio della Terra in corso al Galoppatoio di Villa Borghese fino al 29 aprile arriva un forte grido d’allarme per l’Amazzonia. «Quello che sta accadendo è difficile da accettare – ha detto Kathleen Rogers, presidente dell’Earth Day Network - oggi siamo qui per dire basta a questa sottrazione senza fondo per la quale i responsabili continuano a non avere conseguenze: è una battaglia che bisogna combattere insieme per il futuro del pianeta».

Il tema, affrontato nel corso della tavola rotonda “Amazzonia, foresta di culture”, ha visto anche la partecipazione di S.E. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi il quale, dopo aver portato alla platea il saluto del Santo Padre, ha ricordato la  «forte presenza della Chiesa in Amazzonia, con 7 Conferenze Episcopali, 106 vescovi e migliaia di sacerdoti. Questa è una situazione che necessita di continua attenzione e sulla quale non bisogna mai abbassare la guardia». In questo senso si inquadrano l’Enciclica “Laudato Si’” di Papa Francesco ed anche il prossimo Sinodo dei Vescovi, che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre «proprio sul tema dell’Amazzonia».

Se si parla di questa terra, che lo scorso anno ha visto un aumento della deforestazione del 13.7%, pari a circa 8mila chilometri quadrati, si pensa soprattutto alla violenza sulla natura: «ed è certamente giusto –spiega Laurent Mazas, Direttore esecutivo del Cortile dei Gentilima esiste un risvolto umano altrettanto grave per tante popolazioni indigene assediate da sfruttamento e violenza: dobbiamo creare ponti, questa è la sfida dei nostri giorni di fronte alla situazione in corso in quella parte del mondo».

Ci sono minacce antiche, in Amazzonia, come l’invasione illegale dei taglialegna o dei cercatori d’oro. Oppure meno recenti, come l’estrazione di petrolio e gas da territori che un tempo erano più protetti dalla inaccessibilità della natura: «ma esistono che problemi nuovi ed altrettanto devastanti – spiega Francesca Casella, Direttrice della sede italiana di Survivor International - come il ritorno alla costruzione di grandi dighe con devastanti impatti sociali ed ambientali, l’espansione delle piantagioni per produrre biocarburanti o lo sfratto illegale degli indigeni dalle loro terre nel momento in cui queste sono dichiarate riserve naturali. Questo attacco è un atto deliberato e non la conseguenza inevitabile del cosiddetto progresso».

«San Francesco sarebbe felice di vivere oggi in quella parte del mondo – ha detto Paolo Maria Braghini, Frate Missionario cappuccino in Amazzoniaperché oltre le forme di violenza che conosciamo negli occhi della gente delle città si vede il preconcetto verso queste popolazioni indigene. Nei 72 villaggi dove siamo presenti non esiste internet, ma quando lo scoprono andando nei grandi centri urbani, ai giovani sembra all’improvviso di essere sbagliati, non allineati, e la globalizzazione ha così un impatto devastante su questa gente. Credo sia un’altra forma di violenza da non sottovalutare».

Il Talk si è chiuso con l’accorato intervento di Hamangaì, giovane brasiliana rappresentante del popolo indigeno Patax – nello stato brasiliano di Bahia - che, con la voce rotta dall’emozione, ha commosso l’uditorio richiamando tutti alla responsabilità e ricordando che per i popoli indigeni la terra è madre, la natura nutrimento e l’acqua fonte di vita. 

Al termine del talk, nel Viale delle Magnolie di Villa Borghese, come testimonianza dell’impegno comune per la salvaguardia della foresta e dei popoli che la abitano, è stato piantumato un leccio - donato dai Carabinieri Forestali – utilizzando terra proveniente dall’Amazzonia.

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