23 Maggio 2017
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23 Maggio 2017

Santità e politica: la storia si ripete

Ne "L'Italia e i Santi", l'istituto Treccani approfondisce l'uso della santità a scopi politici. L'opinione del professor Daniele Menozzi

Che il potere politico spesso e volentieri attinga alla religione per autolegittimarsi non è una novità, il rapporto tra potere temporale e potere spirituale vive di un equilibrio delicato che più volte nel corso della storia è stato rotto con sconfinamenti nell’una e nell’altra parte; del resto anche il più agnostico dei politici sa che la sfera dello spirituale, del simbolico è troppo preziosa per non attingervi.
L’Italia, ad esempio è stata il centro dell’impero romano prima e della Chiesa poi ed è  evidente come queste due culture, oltre ad uno straordinario patrimonio artistico abbiano lasciato anche un’identità collettiva che, ancor prima del Risorgimento, si è costruita intorno alle vite dei filosofi e degli imperatori romani così come sull’esempio delle vite dei Santi della Chiesa.

Un tema che l’Istituto Treccani ha ben delineato nella sua ultima fatica, “L’Italia e i Santi, Agiografie, riti e devozioni nella costruzione dell'identità nazionale”, progetto a cura di Tommaso Caliò, Daniele Menozzi e Antonio Menniti Ippolito.
In particolare è il rapporto che santità e ideologia politica che incuriosisce; l’800 ad esempio, come spiega Daniele Menozzi, professore di storia contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa“è  un periodo in cui si vanno costruendo gli stati nazionali e a questo scopo si ritiene che tutte le risorse vadano messe in campo, tra queste anche quelle del simbolico.”

Si pesca insomma dalla religione per dare ai movimenti nazionali in lotta per l’indipendenza la giusta dose di 'sacralità' “la patria ad esempio viene sempre qualificata come santa, la guerra per l'indipendenza nazionale come crociata, mentre i caduti in queste battaglie diventano martiri.”
L’intento, spiega Menozzi, è quello di costruire una religione della nazione sostitutiva di quella cristiana, in questo caso, come fattore coagulante della società.

 
In questo processo nascono nuovi riti, nuove tradizioni e in alcuni casi, come accadde in Italia sotto la dominazione napoleonica, nuovi Santi come San Napoleoneun santo inventato che non esiste nel martirologio fino all'inizio delll'800 che nasce per la decisione del governo imperiale di collocare una festa prossima al compleanno, dell'Imperatore per sacralizzarne la figura ed organizzare il consenso nei suoi confronti.”
Fu il legato pontificio in Francia, il Cardinal Caprara, a sostenere la collocazione nel calendario civile e nel calendario religioso del 15 agosto come festa di San Napoleone, festività che il il papato in quel momento non poteva ostacolare.
“Date le difficili condizioni della Chiesa, che usciva dalla rivoluzione francese e da uno scontro che era stato percepito come una volontà di cancellare la Chiesa stessa ed il cristianesimo” - spiega infatti Menozzi – “in queste circostanze storiche si realizza una forma di collaborazione, seppur parziale e non priva di contrasti, tra il potere politico imperiale e l'istituzione ecclesiastica per promuovere la festa di San Napoleone.
Non vi sarà mai un consenso papale nei confronti di questa festa, ma non vi sarà neanche mai una denuncia; si preferirà lasciarla via via cadere nell'oblio.”

 
Diverso fu invece il caso di San Giuseppe su cui non fu il potere politico a speculare, ma che fu oggetto di una risemantizzazione da parte della Chiesa stessa: “Il culto di San Giuseppe si era diffuso dalla Controriforma in poi come forma devozionale legata alla buona morte, ma Pio IX di fronte alle guerre di indipendenza lanciate dallo stato sardo contro lo stato della Chiesa decise di promuovere una particolare inflessione di questo culto, contando sulla sua diffusione presso vari strati della popolazione, presentando San Giuseppe come il patrono della Chiesa attaccata dalla rivoluzione.
Naturalmente questo non vuol dire che le forme tradizionali del culto vengano sostituite, ma è significativo che si cerchi di collegare queste forme tradizionali con una nuova inflessione legata a delle circostanze politiche. Un fatto contingente, come dimostra la successiva risemantizzazione del culto di San Giuseppe che avvenne con Leone XIII, che in piena non accentua più la dimensione del Santo come protettore della, ma come il patrono dei lavoratori.”

 
Anche oggi assistiamo ad un uso strumentale del religioso, come emerge da alcune  correnti radicali dell'islamismo, ed è per questo che, chiude Menozzi, “guardare al passato ci da gli strumenti per meglio cogliere quello che avviene nel presente. C’è tutta una tradizione che ha cercato, collegando la santità al paradigma martirologio, di definire santi come martiri di cause politiche, basta pensare ai martiri del Risorgimento, per arrivare ai martiri della grande guerra, del fascismo, ma anche ai martiri della Liberazione. La lunga serie del martirologio potrebbe continuare e questo ci dice qualcosa sulla capacità evocativa del paradigma della santità.”

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